Targa Florio: “Corsa automobilistica ideata e organizzata dal Cavalier Vincenzo Florio, nato a Palermo il 18 marzo 1883 e morto a Epernay (Francia) il 6 gennaio 1959. Si svolse ininterrottamente - con le sole eccezioni dei due conflitti mondiali – dal 1906 al 1977. Dal 1955 al 1973 fu gara valida per il Campionato mondiale Marche”. L’argomento potrebbe essere confinato all’interno di questa definizione. In realtà, la Targa ha rappresentato il più grandioso evento sportivo, culturale e sociale mai avvenuto (e che, purtroppo, mai più avverrà) in Sicilia. Tuttavia, qualche lettore potrebbe obiettare: perché trova posto, e di rilievo, in una rubrica di Letteratura e Scienza?
Letteratura: le vicende della Famiglia Florio rappresentano, soprattutto ai nostri giorni, il più bel romanzo di tutti i tempi: trama coinvolgente, personaggi complessi ma ben delineati, sfarzo, onnipotenza, tragedie, lutti, decadenza, miseria. Florio: l’espressione più alta, nobile e geniale dell’imprenditoria a tutto campo. Hanno retto le sorti dell’economia meridionale per molti decenni, facendo di Palermo una città invidiata da tutto il mondo . Possedevano un impero economico e produttivo che non aveva confini: fonderie, cantieri navali, miniere di zolfo, industrie della seta, della ceramica e del sommacco, banche, aziende agricole, palazzi, tonnare, flotta mercantile, giornali. Garantivano occupazione stabile a decine di migliaia di lavoratori. Essere assunti da loro, non significava solo giusto salario, ma asili nido per i figli, mutui agevolati, abitazioni. Ospitavano zar, imperatori, re, grandi artisti. Hanno finanziato L’Esposizione Nazionale (1891), costruito il Teatro Massimo, Villa Igiea e altri capolavori architettonici progettati da Ernesto Basile e dai più geniali architetti dell’epoca, fatto beneficienza a piene mani (Istituto dei ciechi, aiuti ai terremotati di Messina, sostegno al professor Vincenzo Cervello). I motivi del declino? Numerosi e complessi, non possono essere identificati in un solo articolo. Di certo, però, non sono mai falliti, come da qualche tempo sostengono alcuni sprovveduti. La Targa è stata intimamente legata ai loro destini, per la qual cosa rappresenta essa stessa un romanzo.
Scienza: per 61 edizioni, i migliori ingegneri meccanici hanno elaborato soluzioni tecniche in grado di affrontare e superare le micidiali difficoltà presenti sul circuito (nelle tre varianti) madonita. Il progresso tecnologico si è avvantaggiato come non mai dalle innumerevoli esperienze accumulate. E con esso, la sicurezza dei normali guidatori. Freni, sospensioni, motore: tutto, di anno in anno, migliorava dopo la fine della gara.
Dunque, e a doppio titolo, Venere si occupa della Targa Florio. E se ne occupa per un motivo ancor più importante: l’oblio nel quale rischia di precipitare. Oblio odioso e ingiusto, che il popolo siciliano non può e non deve permettere. Oblio che inchioda sul banco degli imputati una classe politica imbelle e irrispettosa delle nostre migliori tradizioni. Mentre sto scrivendo, il complesso denominato Floriopoli (infrastrutture che ospitavano la corsa) ubicato a circa sette chilometri da Cerda, potrebbe crollare. Naturalmente elevo scongiuri, ma potrebbe crollare, repetita iuvant. Per più di tre decenni, infatti, politici e autorità sportive hanno permesso un degrado inimmaginabile. Miopia intellettuale, superba ignoranza e disprezzo del patrimonio storico-sportivo, hanno autorizzato gli agenti atmosferici a depauperare le opere costruite da Don Vincenzo con i propri soldi. E qui nasce la prima considerazione: i Florio hanno amato la Sicilia, rendendola famosa, prospera e invidiata, i signori di cui sopra non hanno ritenuto opportuno seguirne le orme. Talmente indolenti e idioti da non comprendere che far riemergere e prosperare il mito della Targa significherebbe, oggi più che mai, creare un flusso turistico stabile, ricchezza per i Comuni e il Parco delle Madonie e, soprattutto, ridare prestigio a una Sicilia mortificata da scandali, sprechi, arresti eccellenti e inefficienza. Invece, non hanno fatto nulla per assicurare continuità al grande evento sportivo e culturale. Assolutamente nulla! Non sono stati i soli, però. Al loro seguito si sono aggiunti moltissimi giornalisti con il silenzio, il sistema scolastico che non ha mai dedicato all’argomento – soprattutto perché non lo conosce – neppure un minuto di lezione. Perfino i piloti – con eccezione del grande Nino Vaccarella e di qualche altro - che pure hanno costruito sulle strade siciliane le loro fortune agonistiche, sono stati in silenzio. Per capire come si è giunti a questa penosa situazione, occorre risalire al 1977. Edizione n° 61, 15 maggio, quarto giro: il pilota marchigiano Gabriele Ciuti, al volante di una Osella, è protagonista di un pauroso incidente alla fine del rettilineo di Buonfornello. Priva del cofano posteriore – e incredibilmente ancora in gara - la vettura investe quattro spettatori e ne uccide due, lo stesso Ciuti è gravemente ferito, la gara sospesa. La Targa è così costretta a scrivere l’ultima pagina della sua gloriosa storia. Tuttavia, subito dopo si elabora il progetto, in sé ottimo, di assicurare una continuità sotto la formula rally. E qui cominciano i problemi. Dal punto di vista prettamente sportivo, il rally, in modo graduale e inesorabile, si avvierà verso una dimensione non in grado di reggere il confronto con le tradizioni precedenti. Non solo, ma oggettivamente provocherà confusione, nel senso che, portando lo stesso nome, indurrà molti a credere che si tratti sempre della classica Targa Florio. Complice il fatto che nella classifica generale dei vincitori, risultano al primo posto – con cinque trionfi – i campioni Cunico e Andreucci. Orbene, con il più sincero rispetto, costoro non hanno affatto vinto cinque edizioni della creatura di Don Vincenzo! Su questo punto, la chiarezza non sarà mai abbastanza sufficiente. Chi, come me, ha assistito numerose volte alla Cursa, ha il dovere di sgombrare il campo da simile equivoco. Dovere nei confronti dei piloti di un tempo, che arrivavano stravolti dalla fatica e con le mani piagate al traguardo di Cerda. I loro nomi sono giustamente entrati nella leggenda: Cagno, Nazzaro, Ceirano, Varzi, Nuvolari, Taruffi, Fangio, Villoresi, Vaccarella, Siffert, Rodriguez, Elford. Dovere nei confronti del milione di spettatori che confluivano sul circuito sottoponendosi a mille sacrifici e partecipando attivamente alle vicende della competizione. Dovere nei confronti del Cavaliere che riuscì sempre a garantire un elevatissimo livello sportivo e un’immagine meravigliosa della Sicilia. Sia chiaro, a tal proposito, che la sola partecipazione alla Targa rappresentava, anche per i piloti più famosi, un autentico privilegio. Alla luce di simili eredità, molto meglio sarebbe stato e sarebbe cambiare nome all’attuale rally, aggiornando le classifiche e, possedendo adeguate capacità, riuscire a inserirlo in un contesto mondiale. Nel frattempo, si organizzano patetiche gare e garette dall’insipido sapore ecologico e cantereccio che alimentano viepiù la confusione, non avendo niente a che fare con la tradizione. Molto meglio sarebbe stato e sarebbe organizzarle su altre strade, in altri contesti, con altri nomi, non organizzarle affatto. Non intendo denigrare e la polemica non mi riguarda, ma l’ecologia non c’entra nulla con la più famosa gara automobilistica del mondo, nella quale, a Buonfornello, si raggiungevano e superavano i 300 km/h. Insomma, s’invitino pure cantanti e si facciano transitare a passo d’uomo vetture con i pannelli solari, ma che non si adoperi il sacro nome Florio! Con queste scampagnate si mortifica il prestigio di Don Vincenzo e della sua corsa. Mortificazione che ha raggiunto il massimo livello nel 2006, con le cosiddette celebrazioni per il centenario. Alla vigilia, programmi faraonici e reboanti; nei fatti, un totale fallimento organizzativo, sportivo e culturale. Ma tant’è. Ritornando al degrado di Floriopoli, due anni fa è intervenuta la Provincia di Palermo che ha acquistato gli immobili messi all’asta. Lodevole iniziativa che ancora, purtroppo, non è passata dalla teoria ai fatti concreti. Dunque, mentre in alto loco si discute, i box e le tribune rischiano di crollare. E il busto di Don Vincenzo continua ad essere circondato da rifiuti ed erbacce.
Per fortuna, però, il fascino e la passione per la Targa – quella vera! - non sono diminuiti nel cuore di tanti appassionati, in Italia e nel mondo. Ed è qui che appare una dicotomia: da un lato il silenzio e il fallimento del vertice, dall’altro l’attivismo e il successo della base. Nessuno coltivi illusioni: si deve soltanto all’amore viscerale dei tifosi se ancora si discute e si scrive su questo argomento; se ogni anno, il 6 gennaio, si depongono fiori sulla tomba di Vincenzo Florio. A loro e soltanto a loro! Voglio rendere omaggio ai più attivi, scusandomi per qualche inevitabile, anche se sincera, dimenticanza:
Nino Vaccarella: uno tra i più grandi piloti di tutti i tempi, tre volte vincitore della Targa. Sempre pronto a fare sentire la sua autorevole opinione in difesa della Cursa.
Antonio Catanzaro, Giacinto Gargano, Nino e Tommaso Venturella: creatori e curatori dei musei di Cerda, Collesano e Campofelice di Roccella.
Dario Lucchese, Peppe Natoli, Albino Talarico: giornalisti di grande competenza.
Salvo Manuli: magnifico pittore che ha dedicato alla corsa numerosi e apprezzati quadri dai meravigliosi e sgargianti colori.
Serafino Barbera: bravo autore dei quadri del Museo di Campofelice.
Salvo Requirez, Giuseppe Valenza, Nino Minutoli, Vincenzo Prestigiacomo: scrittori di eccelso, indiscusso valore.
Salvo Careri e Carmelo Oliva: Associazione Amici della Targa Florio.
Associazione La Sicilia dei Florio.
Nino Aquila: storico direttore di gara.
Nino Gagliano: presidente Ente Autodromo Pergusa dal 1984 al 1998.
Peppe Natoli, Raffaello Brullo, Aldo Lo Giudice: curatori di siti internet.
Enzo Manzo: creatore di Targapedia, enciclopedia della Targa.
Ciccio Liberto: artigiano di Cefalù, il più celebre calzolaio del mondo automobilistico.
Gianni Petta: indiscusso maestro di diorami. Una sua opera si trova esposta al Museo Porsche di Stoccarda.
Nino Colombo, Antonino Pusateri, Salvo Cicero, Vincenzo Cangiamila: sempre pronti al richiamo della corsa.
Da segnalare anche gli encomiabili sforzi di alcuni appassionati che, di recente, con proprie risorse economiche, sono riusciti a far dedicare a Don Vincenzo Florio uno spazio verde nel centro di Palermo, esattamente accanto allo stadio comunale. Nel piccolo parco sarà esposta una targa di ceramica (cm 100x70) raffigurante il grande personaggio. L’autore è il Maestro Salvo Manuli. L’opera è impreziosita da una struttura in stile liberty realizzata da Salvo Messina di Villabate ( i due artisti hanno operato a titolo del tutto gratuito). Tale iniziativa colma un’incredibile, gravissima lacuna: l’assenza, a Palermo, di una via, un viottolo o una stradella, in grado di ricordare un uomo che ha onorato la Sicilia.
Infine, in occasione del 4 marzo, suo compleanno, tantissimi auguri al pilota più amato dalle folle siciliane, al campione leggendario che tanta e purissima gioia ci ha donato con innumerevoli trionfi in tutto il mondo: Nino Vaccarella. Ancora vita lunga e serena, grande Professore!
Giuseppe Pitrone
Cari amici e lettori, il Prof. Giuseppe Pitrone ha omesso il suo nome fra i tanti che hanno contribuito e contribuiscono a ricordare, celebrare ed esaltare quei gloriosi anni della Targa Florio, mantenendone dunque viva la leggendaria memoria. Giuseppe Pitrone - appassionato, esperto, e cultore della Targa, e di automobilismo in generale - è anche l'autore di "‘a Cursa" una pregevole opera narrativa, ricca di palpabili emozioni, sentimenti, profumi e colori tutti siciliani, ambientata proprio in quell’aureo periodo. Tutto il silenzio successivo alla fine di quell’indimenticabile epoca (l’assenza delle istituzioni, dei giornalisti della carta stampata) non rendono giustizia, né trovano giustificazione alla mancata commemorazione e conservazione della maestosa opera voluta e realizzata da uomini come il Cavaliere Vincenzo Florio, di indubbio spessore umano ed elevate capacità imprenditoriali (ce ne fossero altri oggi!). Perfino l’assenza, a Palermo, di una via, un viottolo o una stradella, (così come ci fa giustamente rilevare, il Prof. Pitrone) in grado di ricordare un uomo che il mondo ci ha invidiato, è realmente inaccettabile.
Se l'articolo ha dunque suscitato interesse, curiosità, e per certi aspetti anche sana rabbia, per lo scempio ambientale compiuto, a causa dell'abbandono del maestoso complesso edilizio denominato “Floriopoli” (consistente in una serie di infrastrutture che ospitavano la corsa); se pensate di avere ricevuto un nuovo impulso, un rinnovato interesse, sia per il prestigioso evento sportivo, che per quei luoghi, oggi, purtroppo, abbandonati a se stessi; se ritenete sia ancora possibile fare riemergere l’antico e prestigioso orgoglio appartenuto ai siciliani; vi consigliamo assolutamente di leggere "'a Cursa". Nel romanzo scoprirete non solo le struggenti esperienze dei protagonisti, ma la storia della Targa stessa, e di tutto il mondo - economico, sociale, turistico e ambientale - che ruotava attorno ad essa. 'A Cursa è un romanzo che abbraccia sia l'ambito culturale e letterario del periodo storico della Bella Epoque che, quello squisitamente sportivo-scientifico delle prestigiose corse, dove protagonisti assoluti erano i piloti, gli ingegneri, i meccanici e le auto da corsa, in quelle strade ricche di tornanti, nelle quali al passaggio delle auto in corsa, si levava l’entusiasmo della gente assiepata ai bordi della strada, insieme alla polvere del terriccio. E per ultima considerazione, ci viene da pensare, che, chissà, se da questa bella interessante e anche erudita lettura, possa riemergere finalmente la passione per la nostra terra: la Sicilia, e non solo nelle parole, ma nella reale fattibilità!
Non ci resta altro che raccomandarvi una buona "'a Cursa", nella buona lettura.
Redazione Palermomania.it
“’a Cursa”, di Giuseppe Pitrone, edito da Nuova Ipsa
Tutti i diritti riservati
© 2008, Nuova Ipsa Editore srl, Via G. Crispi, 50, 90145 Palermo
www.nuovaipsa.it - e-mail: info@nuovaipsa.it
ISBN 978-88-7676-342-7
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