Con le precauzioni necessarie a minimizzare l'esposizione ai campi elettromagnetici, il 5G in Italia non desta dubbi e preoccupazioni. Questo è quando afferma Legambiente, che considera compatibile lo sviluppo della rete di nuova generazione con la salute dei cittadini. Per questo, l'associazione scrive e lancia un monito al Governo, chiedendo di lavorare alla tecnologia 5G attuando il principio di precauzione, senza modificare i limiti di esposizione oggi previsti dalla normativa italiana.
Inoltre, invita a tornare alla precedente metodologia di misurazione, investendo nella ricerca epidemiologica indipendente sulle onde millimetriche e facendo un'adeguata campagna di informazione sui rischi connessi a comportamenti scorretti nell'uso del cellulare. Entrambi i punti fanno parte di una petizione già sottoscritta da Stefano Ciafani, presidente di Legambiente; Pietro Comba, del Collegium Ramazzini; Fiorella Belpoggi, direttrice dell'Istituto Ramazzini; Roberto Romizi, presidente di ISDE; Rosalba Giugni, presidente di Marevivo.
"Come da Dna associativo - osserva il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani - è nostro compito fornire sia ai cittadini che alle amministrazioni le informazioni scientifiche corrette, nonché le proposte tecnicamente e giuridicamente percorribili. Se da un lato, infatti, sul 5G da tempo circolano fake news, come quelle sulle correlazioni tra questa tecnologia e il Covid o la Xylella, è pur vero che gli effetti non ancora del tutto noti sulla salute accrescono la preoccupazione tra la cittadinanza, che va adeguatamente informata e sensibilizzata. Siamo favorevoli allo sviluppo del 5G ma chiediamo alle istituzioni nazionali di mantenere gli attuali limiti di legge, tra i più bassi d'Europa, e a quelle comunali di rendere omogenei i livelli di esposizione su tutto il territorio, evitando che gruppi di residenti in determinate aree vengano sottoposti a livelli di esposizione particolarmente elevati, attraverso una corretta pianificazione delle stazioni radio base".
Secondo l'indice Desi 2020, che monitora i parametri utili a misurare il livello di digitalizzazione dei paesi europei, l'Italia è al venticinquesimo posto tra gli stati membri, davanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria.
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