È trascorso un secolo dai due colpi di pistola con i quali, il 28 giugno 1914, lo studente serbo Gavrilo Princip ferì a morte l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria e sua moglie Sofia. Un attentato che ha cambiato la geopolitica dell’Europa e del mondo intero, costringendo migliaia di uomini per quattro lunghi anni a vivere in condizioni disumane nelle trincee del Vecchio Continente. Una guerra che ha innescato mutamenti profondi nell’economia, nell’industria e nel costume dando vita a fenomeni sociali e politici che ancora oggi rivivono sotto altre forme.
Una testimonianza interessante della Grande Guerra la lascia il palermitano Generale C. A. Rodolfo Corselli, allora Colonnello di Stato Maggiore, in una Conferenza dal titolo “Le vicende della nostra Guerra” tenuta a Palermo il 6 aprile 1919 nella grande aula della Storia Patria.
A tal proposito, in occasione delle celebrazioni della prima guerra mondiale, la famiglia del prof. Manlio Corselli ha voluto far dono al Generale B. Claudio Minghetti, Comandante Militare Esercito “Sicilia”, di un quadro collocato nella Caserma Rosolino Pilo che raffigura S. E. il Generale C. A. Rodolfo Corselli, che ha onorato Palermo come Comandante dell’Accademia Militare di Modena, studioso di Storia Militare e autore di opere su Cadorna e Diaz.
“Questo dono è per non dimenticare Rodolfo Corselli, che fu decorato nel 1915 della Croce di Ufficiale nell’Ordine della Corona d’Italia dell’Ordine dei Santi S.S. – spiega Manlio Corselli – e nel 1917 decorato della Croce di Ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro; nel 1918 fu decorato della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia. Fondò il gruppo “Arditi Corselli” che si occupavano dell’offensiva contro gli austriaci. La Commissione d’inchiesta, riferiva il Corselli, presieduta dal senatore Mortara incaricata di accertare le violazioni delle norme di guerra compiute dagli Austriaci, riportava i dati della mortalità nelle terre italiane occupate da quella che il Carducci, trent’anni prima, aveva chiamato “micidial masnada”.
Per farci un’idea della reale situazione, riportiamo taluni raccapriccianti episodi resi noti dalla Commissione d’inchiesta e consultabili sul libro “Lampi di memoria – La Grande Guerra a Palermo” della giornalista Melinda Zacco e tratti dal Giornale di Sicilia del 6 – 7 aprile 1919: il generale comandante della 26^ divisione honved, a una madre presentatasi a lui con tre piccoli figli affamati, invocante soccorso, rispondeva “Se avete fame, mangiate prima il più piccolo, e poi gli altri”; ancora, un governatore austriaco disse alle autorità: “Datemi la popolazione nella piazza, che la sfamerò con le mitraglie”.
“Le informazioni riportate dal generale Corselli sono state preziose per ricomporre una parte della storia che non viene raccontata solitamente sui libri. La Grande Guerra, questa inutile strage, ha prodotto in Italia 650.000 morti, 947.000 feriti e oltre 600.000 dispersi. Ma nessun dice che il 90% di queste vittime era gente del Sud – spiega Melinda Zacco - a cui avevano promesso terre e condizioni migliori di vita. Come la Gran Bretagna ha usato indiani e afgani, e la Francia algerini e i tunisini, così l’Italia ha usato i popoli meridionali, l’ex Regno delle Due Sicilie. In tutti i nostri paesi del Sud troviamo lapidi con centinaia di nomi caduti per la Guerra, un’intera generazione. Eppure i meridionali lasciarono le proprie case, i campi, le proprie famiglie per rispondere alla chiamata alle armi ed irrobustire le file di un esercito forse per la prima volta veramente nazionale, che avrebbe dovuto difendere un confine e la Patria. Morirono in tanti, pensate che i meridionali impiegati nella Grande guerra furono il 51,3% dei soldati contro il 48,7% impiegato dall’Italia Settentrionale. Ben 5.903.000 uomini chiamati alle armi. Nelle forze dell’ordine istituzionali furono impiegati oltre 158.000 uomini, tutti di origini meridionali. Ma le vere vittime della guerra, oltre il 56% , furono i civili e i contadini che dovettero lasciare a casa la zappa per inforcare la baionetta che non sapevano nemmeno come fosse fatta. I siciliani erano pronti a tutto: avevano affrontato ogni sorta di fatica, avevano superato ogni sorta di difficoltà e, mentre dall’altro lato gli avversari bestemmiavano, i siciliani cantavano; mentre dall’altro lato l’ufficiale spingeva avanti i suoi uomini con la pistola in pugno, i siciliani bisognava invece frenarli col quotidiano crescere dell’entusiasmo patriottico”.
Credo che la Grande Guerra ci insegna che con fede e con sacrificio si rinnovano i destini dei popoli, con la speranza che possa essere una lezione per la nostra generazione che sta vivendo oggi una guerra piena d’incertezze per il futuro.
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