Per quanto sia un giorno feriale e un'ora abbastanza tarda, la platea è ugualmente piena. La gente sembra ben disposta a passare una serata divertente, se non rilassante, dopo una giornata densa di impegni lavorativi e altro...invece.
Sin dalle prime battute, gli spettatori rimangono interdetti. Lo spettacolo è quantomeno strano, inusuale.
Un signore (Ignazio Cusimano), si aggira in platea blaterando frasi incomprensibili. La “maschera” (Barbara Durante) cerca di calmarlo e lo prega di sedersi, ma il tizio sembra particolarmente irritato dall'invito e piuttosto reagisce esasperando i toni. In questo primo quadro si comincia a capire che il “puro divertimento” sarà difficile che si palesi.
Il sipario si apre in un salone arredato in maniera minimalista, qui e lì sedie, cuscini, alcuni oggetti sparsi alla rinfusa, un tavolino. Non si capisce bene in quale contesto ci si trovi, forse una scuola, un centro di aggregazione... Una donna con un camice bianco (Sandra Zerilli) parla al telefono con una collega “...e oggi me ne ritroverò dodici. Che la fortuna mi assista!... Ce la farò! Mi aiuterà la musica... come sempre.”
I malati con un ritmo veloce cominciano ad entrare. Si presentano con le loro stranezze, con le loro idiosincrasia, nella loro pazzia è l'innocenza a predominare.
Ecco, quindi, siamo in una clinica psichiatrica.
I personaggi espongono le proprie demenze, e la scena comincia ad animarsi come un balletto confuso dove l'alienazione regna sovrana. E tuttavia in ogni singola fobia dei dodici personaggi, sembra che qualcosa li unisca, il plurale esprime il caos di tante paure diffuse in comunione di condizione.
Rebecca cerca di ordinare i cuscini e gli oggetti sparsi per la scena. La sua mente ha bisogno di ordine nel proprio disordine insensato e i suoi occhi in quell'ordine cercano la pace.
Giusi cerca Nessuno, e quel Nessuno non esiste se non nella sua povera immaginazione, in quel Nessuno raccoglie le briciole del proprio essere.
Valeria pettina i folti capelli con un piccolo spazzolino da denti perchè convinta che al contempo li lavi.
Lucia “vive” in un suo mondo magico, gesticola verso l'alto e i suoi movimenti sono lenti e sognanti.
Marcello impazza in scena con una pancia pronunciata, la sua espressione è simpatica e, in pieno contrasto con l'aspetto, vuole fare la “maratona”.
Sergio ha espressioni di squilibrato, gli occhi roteano e le sopracciglia mobili accentuano l'alienazione, ha momenti di esasperazione nei confronti degli altri malati, ma non arriva mai alla violenza, piuttosto alla ricerca di tenerezza.
Ines tiene in braccio un bambino inesistente, nella innocenza dei gesti esprime una tormentata maternità perduta.
Antonella vuole il dottore, lo chiede insistentemente, forsennatamente, perchè il braccio le duole. In verità la sua è la ricerca di una carità di attenzioni, vuole esistere per gli altri e non solo con le proprie paure.
Francesco è il classico gentiluomo che per un avverso, misterioso, destino degrada verso la pazzia. In questo follia l'unico modo per restare nella realtà è quello di abbarbicarsi ai propri modi gentili, pertanto non accetta alcuna cafonaggine e si altera fino al parossismo in occasione di palesi villanie.
Naturalmente i “caratteri” dei personaggi, perfettamente calibrati e guidati dalla sapiente penna dell'Autrice/Regista, sviluppano una narrazione teatrale scevra da qualsiasi tregua, l'esaltazione psico fisica dei soggetti sviluppa una sarabanda ininterrotta di azioni e reazioni.
Sicchè le distinte identità prendono il sopravvento, si esprimono, comunicano, si esaltano in dettagliati e ripetitivi monologhi senza voce. I gesti diventano consueti e le distinte follie si affermano nei gesti, nelle movenze instancabili che raffigurano le varie personalità.
La follia diventa normalità ed ogni personaggio palesa tenerezza, voglia di aiuto, ricerca di comprensione.
Non esistono più attori, ma solo personaggi, chi recita è totalmente permeato dalla innocenza del proprio personaggio e opera anche quando non è al centro dell'attenzione. Si verifica, in tal modo, una strana e affascinante rappresentazione: ognuno è parte in sé, ognuno è teatro in sé, la realtà non esiste, la finzione diventa realtà.
E' chiaro che rimando i lettori alla visione di questa insolita commedia, e non scendo nei particolari e negli sviluppi della narrazione.
Il teatro si vive in prima persona, non può essere letto.
Straordinari tutti gli Attori del Laboratorio Teatrale “Radici di Sole” di Anna Mauro, veramente bravi. In aggiunta la grande professionalità di Sandra Zerilli (l'infermiera).
Non può non rimarcarsi, tuttavia, l'incomparabile resa artistica di Lucia Megna, in alcuni frangenti estremamente coinvolgente ed emozionante. Come non si può che menzionare della commozione estrema che ha suscitato Ines Gagliani, della travolgente passione di Antonella Calandra, della estemporaneità di Marcello Ruggiero, della eloquente mimica di Sergio Pochini, e poi Annalisa Ganci nel suo sorriso amaro, e Valeria Chiaro nella sua folle innocenza, Rebecca Ciani e Daniela Sortino nella fragilità e nella leggerezza delle rispettive anime rappresentate. Barbara Durante e Ignazio Cusimano che nel prologo hanno imbarazzato persino il pubblico con la loro realistica performance.
Si chiude il sipario, il convinto applauso del pubblico tributa il successo, ma strane sensazione circolano ancora nei meandri interiori delle emozioni sollecitate. Lo spettacolo è ancora vivo nelle voci, posture, gesti e intonazioni dei personaggi e la pazzia incombe come strana normalità dei singoli soggetti. nella caducità... Quello a cui hai assistito ti rimane addosso come un velo che avvolge l tuo essere “normale”. I pensieri, le riflessioni indugiano sui significati al plurale della commedia, del dramma, e si adagiano nella mente, sulla pelle, nel cuore.
© Palermomania.it - Il portale di Palermo a 360°
Lascia un tuo commento
Questo articolo ha ricevuto
Approfondimenti
Opinioni a confronto
Articoli più letti