Sfrattata a 95 anni dalla casetta di legno che la famiglia le aveva donato visto che lei, Giuseppina Fattori, terremotata di San Martino di Fiastra (Macerata), "fragile nel fisico ma lucida e determinata", vuole morire a casa sua, o meglio davanti alla sua casa vera, inagibile dopo il sisma del 30 ottobre scorso.
“Io da lì non mi muovo, ci sto lo stesso, poi verrà lei a mettermi le manette”, ha detto la 95enne al maresciallo dei forestali che ieri, senza preavviso, ha sigillato l’accesso alla casetta di legno dell’anziana.
La speranza della signora Peppina, infatti, si è infranta ieri dopo un blitz dei carabinieri forestali che, spiega la figlia Gabriella Turchetti, "pur avendo concordato con noi l'esecuzione del sequestro giudiziario dell'immobile per lunedì 18 alle 15:30, quando saremmo stati presenti anche noi, si sono presentati stamani con i sigilli e hanno invitato mia madre a lasciare l'abitazione". Ora l'anziana è alloggiata nel container che le figlie le avevano comprato dopo il sisma del 1997, riattrezzato dopo il terremoto dell'anno scorso ma "abbandonato questa estate per colpa del caldo torrido".
È stato nel mese di agosto, a un anno dal terremoto, che Gabriella, farmacista a Castelfidardo, e la sorella, dirigente scolastica in pensione di Civitanova, dopo aver ospitato la madre a turno per 7 mesi, hanno capito che il desiderio di Peppina di rientrare a San Martino "non poteva essere ancora disatteso".
"In paese possediamo un'area edificabile - dice Gabriella - e volevamo far costruire lì una nuova abitazione per nostra madre. In Comune ci hanno però spiegato che per la concessione edilizia i tempi sono lunghi, almeno 6-8 mesi, così abbiamo ripiegato sulla casetta di legno, rispettando tutte le altre norme: perizia geologica asseverata, giusta distanza dalla sede stradale, autorizzazione della Comunità montana. Abbiamo anche inoltrato una pratica in sanatoria al Genio civile, un atto che secondo il nostro avvocato avrebbe dovuto mettere mia madre 'in sicurezza'". Invece i Cc forestali hanno fatto un esposto al Comune, e il sindaco, "suo malgrado - sottolinea Gabriella -, ha dovuto firmare un'ordinanza di sospensione dei lavori".
Ma le figlie di Peppina sono andate avanti ugualmente, e hanno arredato la struttura in legno "con le cose recuperate dai vigili del fuoco nella casa distrutta dalle scosse, che sorge in 'zona rossa'. Un alloggio spartano ma dignitoso, per esaudire il sogno di nostra madre". Sabato scorso la doccia fredda: la telefonata dei Cc che preannunciava il sequestro, poi fissato di comune accordo per lunedì prossimo. "Nei 5 comuni del cratere dell'alto Maceratese le casette di legno 'abusive' saranno 300 - osserva Gabriella - ma l'autorità si è accanita con una donna di 95 anni, mentre la ricostruzione non parte e San Martino è un museo di pietre a cielo aperto".
Sabato scorso il genero dell'anziana era salito da lei per caso, e ha assistito al blitz in diretta, riuscendo poi a ottenere telefonicamente dalla procura di Macerata un'ordinanza di sospensione dello sfratto che consente a Peppina l'accesso alla casa per 15 giorni, ma da sola, senza la badante che la segue né i familiari. L'anziana ha quindi ripiegato sul container, accudita dall'altra figlia. Nel frattempo sono nati comitati spontanei di sostegno, come il “Salviamo Peppina”. La famiglia non si arrende, e minaccia un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Sulla vicenda è intervenuto anche il procuratore della Repubblica di Macerata Giovanni Giorgio, che spiega come la pm di turno abbia “ha concesso una dilazione nell'esecuzione del provvedimento in attesa che pervenga la documentazione in sanatoria specie quella antisismica, che per ovvi motivi non può essere pretermessa (omessa, ndr) anche a tutela di chi va a vivere nelle casette. Il disagio connesso al sisma - fa presente - non può essere superato da un, pur comprensibile, fai-da-te, specie in zone a rischio terremoto e per di più in casi che riguardano anziani".
La storia della signora Peppina lascia perplessi per le modalità vergognose con cui è avvenuto lo sfratto. L’anziana, con problemi di salute, è stata letteralmente cacciata via con oltre due giorni di anticipo rispetto ai tempi concordati con la famiglia, che per di più non ha potuto assistere la 95enne e stare al suo fianco in un momento così delicato. E la vicenda non è stata di certo risolta con la concessione di altri 15 giorni prima di lasciare l’abitazione, dal momento che solo l’anziana e il genero potranno entrarci, mentre né le figlie né l'assistente potranno farlo, altrimenti violerebbero la legge.
La vicenda della signora Peppina ha riportato alla luce le condizioni in cui si trovano tantissimi terremotati, squarciando il velo sulle reali condizioni di vita di chi non ha più una casa. Da mesi i comitati dei terremotati chiedono che le istituzioni approvino norme che diano il via libera alla costruzione di casette su terreni privati, fermo restando il vincolo della provvisorietà di tali opere, che andranno rimosse una volta terminata la ricostruzione. I governi hanno sempre rifiutato questa opzione, ma oggi grazie a Peppina si accorgono che l'"autoorganizzazione" è la norma tra molti terremotati che vogliono fortemente rientrare nei propri paesi.
Ancora una volta, la lenta ed eccessiva burocrazia italiana è pesata sulla testa di una cittadina la cui unica colpa è stata quella di trovarsi coinvolta nel sisma. Perché dopotutto l’anziana signora aveva tutte le carte in regola per costruirsi la casetta, ma semplicemente non ha aspettato i lunghissimi tempi della burocrazia, un mostro che non smette mai di accanirsi contro i deboli.
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