Francesca Cannizzo lascia Palermo, non è più il prefetto del capoluogo siciliano. A deciderlo il Consiglio dei ministri che l’ha spostata ad altro incarico, su proposta del ministro dell’Interno, Angelino Alfano.
Una decisione che, nelle ultime settimane, era nell'aria, soprattutto da quando il nome della Cannizzo è comparso più volte nelle intercettazioni dell'inchiesta sulla gestione dei beni confiscati che ha travolto il giudice Silvana Saguto, indagata per corruzione aggravata, induzione alla concussione e abuso d'ufficio.
Nei giorni scorsi i deputati palermitani del Movimento 5 Stelle alla Camera, Nuti, Di Benedetto, Di Vita, Lupo e Mannino avevano inviato un’interrogazione al ministro Alfano chiedendo di rimuovere il prefetto dal suo incarico.
Poco dopo la nota di palazzo Chigi, dal Viminale è arriva una precisazione in cui si sottolinea come sarebbe stata la stessa Cannizzo a chiedere di andar via.
Secondo quanto emerso finora dall’inchiesta della procura di Caltanissetta, il nome del prefetto Cannizzo, amica della Saguto, viene fuori in un’intercettazione in cui il giudice del tribunale di Palermo sollecita un amministratore giudiziario, Alessandro Scimeca, ad assumere una persona. «Io ti devo chiedere il favore per il prefetto - afferma la Saguto - di quello là... da assumere, devi trovare». Ma Scimeca resiste. «Io al prefetto l'aiuto pure, ma non con quella mansione, non con quella qualifica... non è proponibile, possiamo trovargli una cosa più modesta».
Inoltre, a riprova dei rapporti di amicizia e stretta collaborazione tra le due vie è anche la presenza del figlio chef della Saguto che cucinò in una serata organizzata a Villa Pajno, residenza della Cannizzo, e l’imbarazzante intercettazione che prova l’uso non proprio istituzionale della scorta da parte del magistrato, in cui racconta di abiti del prefetto ritirati in tintoria dagli agenti a suo servizio che, passava anche a prendere l'amica per andare al mare ed evitare, grazie alla blindata, il traffico palermitano.
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