Nel 32esimo anniversario della morte del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Palermo si ferma per ricordare l’eccidio di via Isidoro Carini, dove persero la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro e il poliziotto di scorta Domenico Russo.
Vittima di mafia, uomo contro la criminalità, esempio di integrità in tempi di odio dell’uomo contro l’uomo.
"Qui è morta la speranza dei palermitani onesti" recitava un cartello apparso nella via dell’attentato il giorno dopo l’eccidio. Ma oggi la speranza si è rialzata dal fango delle polemiche, e i palermitani, non più soli contro la mafia, levano il loro grido di fiducia nella lotta contro Cosa Nostra, partendo proprio dal ricordo dei grandi nomi che ne diedero prova.
Alle 9.30 di questa mattina, sul luogo dell'omicidio, sono state deposte corone d'alloro dalle autorità civili e militari. Presenti tra gli altri, il presidente del senato Piero Grasso, il presidente della commissione antimafia Rosi Bindi, il cardinale di Palermo Paolo Romeo, il sindaco Leoluca Orlando ed esponenti della magistratura e delle forze dell'ordine.
Alla cerimonia ha partecipato anche il figlio del generale, Nando Dalla Chiesa, impegnato in questi giorni nella diatriba inscenatasi dopo la pubblicazione dei verbali delle nuove intercettazioni del boss Totò Riina, riguardanti il mistero dei documenti scoparsi dalla cassaforte di Dalla Chiesa a Villa Pajno.
Alla cerimonia farà seguito una messa nella chiesa di San Giacomo dei militari, all'interno della caserma Carlo Alberto dalla Chiesa, sede del comando legione carabinieri Sicilia.
"Sono qua - ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso - per rendere omaggio alla memoria del prefetto Dalla Chiesa, simbolo della lotta dello Stato a Cosa Nostra. Dobbiamo fare in modo che quello che è successo a lui non succeda più". Per Grasso, comunque, l'isolamento non è più un problema: "Oggi - ha aggiunto - è difficile che qualcuno delle istituzioni resti solo perché la società civile è vigile. Movimenti come Addiopizzo fanno onore a Dalla Chiesa".
Tempi nuovi, ma ancora con gli stessi protagonisti, che dal carcere – e parliamo del capo dei capi - tengono banco alle parole dei buoni e confermano una triste realtà, difficile a credersi, difficile da combattere, ma bisognosa di verità da svelare.
Ed ecco che facendo coro alle parole del sindaco Orlando, che durante la cerimonia ha deposto una corona sulla lapide in ricordo dell’attentato, diciamo che: “La speranza non è morta quel 3 settembre di 32 anni fa – come risponde il primo cittadino ai cronisti – Quel giorno ha rappresentato una svolta e la lotta alla mafia è diventata una questione nazionale. Oggi la realtà siciliana è cambiata profondamente”.
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