Si riaprono le urne a Corleone e a Palazzo Adriano, i due comuni in provincia di Palermo sciolti per infiltrazioni mafiose nel 2016.
La Commissione regionale contro la mafia e la corruzione ha incontrato ieri a Corleone i commissari prefettizi che amministrano “le città di Corleone e Palazzo Adriano”, accompagnandole al voto dopo lo scioglimento per condizionamento mafioso.
“Le due commissioni hanno lavorato per riportare alla normalità macchine amministrative fortemente permeate da condizionamenti e interferenze mafiose”, ha spiegato il presidente Fava.
“Preoccupante era soprattutto lo stato di assoluta opacità in cui versava il comune di Corleone: la riscossione dei tributi, totalmente inefficace, era affidato al cognato del boss mafioso Antonino Spera, capomafia di Belmonte; l'abitazione del boss locale Rosario Lo Bue, confiscata e assegnata al comune, da anni era stata lasciata nella disponibilità della famiglia Lo Bue; alcuni servizi comunali, esternalizzati con affidamenti diretti, erano stati affidati a imprese legate a famiglie mafiose; un’associazione che faceva capo al figlio di Bernardo Provenzano e che faceva promozione turistica del “mito mafioso” del paese era ospitata gratuitamente in locali comunali; il servizio di raccolta dei rifiuti era affidato a un’impresa gravata da un’interdizione per mafia…"
"Dopo due anni di lavoro – prosegue Fava - i Commissari prefettizi hanno bonificato il Comune, tagliato privilegi, smaltito opacità e recuperato risorse. Dopo un’iniziale diffidenza, la popolazione si è mostrata sempre più vicina al loro lavoro."
"Ad essere rimasti lontani - conclude Fava - sembra siano invece i tre candidati a sindaco, che, da quello che abbiamo appreso, hanno bandito la parola "mafia" dalla propria campagna elettorale. E questo ci preoccupa”.
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