Enrico Mentana manca dal video da quel famoso 10 febbraio quando Canale 5 preferì Il Grande fratello a una puntata di speciale Matrix sulla morte di Eluana Englaro. A quel punto il giornalista televisivo che ha dato una sterzata all'informazione sul principale canale Mediaset lascia la baracca, in nome della libertà.
Nessun ripensamento da parte dell'azienda (forse non vedevano l'ora di sbarazzarsi di un giornalista fortemente indipendente) e al posto di Mentana a Matrix subentra Alessio Vinci. Nel frattempo colui che faceva concorrenza a Bruno Vespa non riceve chiamate di lavoro (“quando avrò in mano qualcosa di concreto riferirò”) ma riceve la chiamata di Confalonieri “per ringraziarmi della copia ricevuta del mio nuovo libro”. Si intitola Passionaccia (Rizzoli), un viaggio nell'Italia osservata da Mentana, dall'inizio della sua carriera fino al grande salto alla guida del TG5, un autoritratto, ma anche uno spaccato sul paese e il giornalismo.
Non riesce proprio a prendersi una pausa, dopo il divorzio da Mediaset si è subito dato alla scrittura.
“Me lo potevo permettere, per noti motivi avevo un po' di tempo. Era comunque da anni che mi promettevo di compiere una meditazione strutturata sulla mia passione, sul mestiere di informare. Non c'era niente di più lineare della mia storia professionale e ribadisco che non si tratta di una resa dei conti, non conosco rancore, la vita mi ha offerto così tanto che non sarebbe giusto recitare la parte di Calimero”.
La sua è una passione verso l'informazione indipendente.
“Molti fanno questo mestiere tanto per farlo, per essere un po' viceré o visir. Credo che un buon giornalista sia chi lavora con passione perché quello è lo spazio che gli appartiene, non perché vuole aiutare qualcuno, è come se Caravaggio avesse dipinto per compiacere il Papa. Non ho mai capito cosa significhi dribblare le notizie, noi dovremmo essere il tramite più leale tra la notizia e il lettore/telespettatore”.
Nel testo è pubblicata una lettera dell'aprile 2008, dopo le elezioni, indirizzata al presidente di Mediaset Confalonieri, in cui parla dell'azienda “come un comitato elettorale” e continua: “un tempo quando arrivai lei teorizzava la polifonia: oggi le verrebbe da ridere solo a dirlo”.
“Si commenta da sola, una settimana dopo le elezioni il contesto era cambiato, c'era chi si vantava di non aver dato un contributo alla buona informazione. La lettera rappresenta il mio pensiero in quel momento, la considero un atto di affetto e confidenza nei confronti del presidente di Mediaset, lui mi ha coperto le spalle, ma i primi mesi del 2009 sono stati fatali. La cosa migliore era uscire di scena con eleganza e trovarmi un altro lavoro. Oggi l'informazione sta attraversando un momento particolare, chi sta dentro è precario e chi sta fuori non ha grandi prospettive”.
Qual è la sua lettura in proposito?
“Il mercato è chiuso, la raccolta pubblicitaria rallenta, gli editori non sono puri: possiedono banche, case automobilistiche, aziende di costruzione, assicurazioni e usano i loro giornali per dialogare con il potere politico”.
Si sarà reso conto che alla notizia del terremoto su Canale 5 è andato in onda uno speciale Matrix al posto del Grande fratello. La notizia della morte di Eluana era meno importante?
“Non avrebbero potuto reggere due volte facendo finta di niente, il terremoto è una cosa diversa però resto della mia opinione, spetta a loro spiegare perché hanno usato due pesi diversi, non a me”.
Nel libro parla anche di politica. Oggi a che punto siamo?
“La voce si sente da una sola parte. Berlusconi per certi aspetti è stato un antesignano di un certo tipo di comunicazione, seguita a ruota libera dai suoi oppositori. Anche come ha trattato la vita privata. I fatti suoi sono diventati di dominio pubblico, ricordiamo il famoso fascicolo spedito nelle case degli italiani e le foto dell'estate scorsa su Chi che ritraevano nonno Silvio con nonna Veronica, un grande uomo pacificato con la famiglia. Chi di icona ferisce di icona rischia di perire”.
Cosa sarebbe la destra senza Berlusconi?
“È nato prima Berlusconi e poi l'aggregazione con Fini, Bossi e alcuni ex democristiani. È nato così il ceto politico e una forte opinione pubblica di centrodestra. Se oggi il premier prendesse un anno sabbatico non credo che alle elezioni aiuterebbe il centrosinistra”.
Che cosa manca al centrosinistra?
“Tutto, continuano a fare passi da gambero. Oggi il livello di appeal è al minimo. Chi vota a sinistra è per odio o perché il cuore pulsa da quella parte, non c'è un progetto politico chiaro e manca un leader. Un qualsiasi personaggio del centrodestra umilierebbe per inerzia il nemico”.
E della televisione cosa ne pensa?
“È un luogo dove devono convivere prodotti diversi, dall'informazione di un certo livello al Grande fratello, mi piacciono le trasmissioni di approfondimento dichiaratamente smarcate, ci deve essere spazio per tutti come in edicola, poi ognuno compra quello che desidera leggere. Quando vedo le classifiche internazionali sulla libertà di stampa impazzisco, mi chiedo come dev'essere l'informazione nei 71 paesi che ci precedono. Sono del parere che le classifiche servono a poco”.