I dati contenuti all'interno della seconda scatola nera dell’Airbus della Germanwings, precipitato lo scorso 24 marzo sulle Alpi francesi, non fanno che confermare le intenzioni suicide del copilota Andreas Lubitz. I motivi dello schianto sarebbero, dunque, da imputare esclusivamente al copilota, il quale con un atto deliberato accelerò più volte durante la discesa direzionando il velivolo contro la montagna.
«Una prima lettura mostra che il pilota nella cabina di pilotaggio ha usato il pilota automatico per far scendere l'aereo fino a un'altitudine di 100 piedi (30 metri) - hanno dichiarato gli investigatori francesi della Bea -. Diverse volte durante la discesa, il pilota ha cambiato la regolazione del pilota automatico per aumentare la velocità del velivolo».
La registrazione della seconda scatola nera, ritrovata giovedì dopo 10 giorni di intense ricerche, fuga ogni dubbio circa la teoria del suicidio intenzionale del copilota Andreas Lubitz, un atto folle che è costato la vita di altre 149 persone che si trovavano in quel momento a bordo dell’airbus tedesco. «Il lavoro continua per determinare la precisa sequenza degli eventi durante il volo», ha sottolineato la Bea.
Intanto la Procura di Dusseldorf, come scrive il settimanale tedesco Spiegel, continua ad indagare sul passato di Andreas Lubitz: sono stati perquisiti gli studi di cinque medici, psichiatri e neurologi, che negli ultimi anni lo avevano avuto in cura, con le relative cartelle cliniche che adesso sono nelle mani degli inquirenti. Inoltre il procuratore tedesco ha svelato un raccapricciante retroscena: «Lubitz cercò su Internet modi per suicidarsi e nei giorni precedenti il dramma acquisì su Google informazioni su porte blindante in cabina e altre misure di sicurezza a bordo».
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