Ci sono voluti trent’anni per liberare la Favorita dall’occupazione che era stata fatta dalle famiglie di nomadi Rom, diventate stanziali. Il giorno dopo di quello che fu il campo nomadi della Favorita, occupato per decenni, è un campo di baracche demolite – tra venerdì e sabato – con una ampia area da bonificare.
Ma le polemiche non mancano perché adesso che alcune famiglie nomadi sono state spostate nella zona tra Belmonte Chiavelli e Ciaculli, in una villetta confiscata, non sarà facile far accettare la loro presenza ai residenti. Che non li vogliono. E’ quello che emerge dalla domanda che pone un ragazzo trasferito.
“Pensa che ci faranno rimanere qui?”. A chiederlo è Jonny, 17 anni, uno dei componenti della famiglia rom di 14 persone che da venerdì vive in una villetta confiscata alla mafia di via B.C. 23, una traversa di via Messina Montagne.
Ad assegnare a questa famiglia la casa, al momento senza luce e senza acqua e con rifiuti sparsi tra le stanze e il giardino, è stato il Comune dopo lo sgombero del campo di viale del Fante. Siamo a Ciaculli, alla periferia di Palermo, su una strada che da via Montagne sale per 800 metri tra terreni coltivati e qualche casa. Qui vivono una decina di famiglie, una cinquantina di persone, più i proprietari dei terreni che ogni giorno vengono a lavorare. E i rom qui non li vogliono.
Ad accendere la miccia è stato l’incendio divampato nella villetta, quando per eliminare una parte dei rifiuti trovati in casa hanno pensato di bruciarli. “Papà non c’era – racconta all’Adnkronos Daniela, 29 anni, una dei nove figli di Slobodan Iovanovich, il capofamiglia – Ho acceso il fuoco perché c’era troppa immondizia ma chiedo scusa ai vicini per averlo fatto”. “Non daremo fastidio, mi scuso mille volte per quello che è successo”, dice il capofamiglia. Ma per i residenti di via B.C. 23 l’incendio è stato solo un primo segnale di quello che potrebbe accadere.
“Non è una questione di razza – spiega Salvatore Cerrito, residente in questa strada – L’integrazione non può avvenire piegando i residenti di un territorio, senza ascoltarli. Hanno portato in una casa di due stanze una famiglia di 14 persone e chissà quanti ne verranno perché sappiamo che la cultura dei rom è di vivere in clan”. Per domenica mattina gli abitanti di via B.C. 23 hanno organizzato un’assemblea per discutere del “problema” e non escludono manifestazioni, come quella di bloccare la strada.
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