Il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia ha chiuso definitivamente ad un’estensione del Jobs Act, precisando però che, in caso di licenziamento illegittimo, per gli statali ci dovrà sempre essere “la possibilità di reintegro, che anzi sarà la regola e non l'eccezione come previsto per i privati dalle nuove norme, anche perché si licenzia con i soldi di tutti”.
Sui licenziamenti disciplinari, tuttavia, è probabile che già oggi il governo depositi una proposta di emendamento all’articolo 13 della legge delega per prevedere una semplificazione delle procedure già previste dalla legge Brunetta, le cui regole per i lavoratori pubblici sono state definite da Madia di per sé “già dure”.
La normativa attuale, infatti, permette di allontanare gli statali per falsa attestazione della presenza in servizio, assenza ingiustificata per più di tre giorni in un biennio, ingiustificato rifiuto al trasferimento (adesso reso obbligatorio entro i 50 chilometri con la nuova mobilità), fino alle gravi condotte aggressive o alle molestie.
La legge Brunetta ha nel mirino in particolare i cosiddetti “fannulloni”, per i quali il premier Renzi ha annunciato di volere rafforzare le norme sul licenziamento per scarso rendimento dei dipendenti pubblici. Attualmente questi possono essere cacciati con una valutazione insufficiente di rendimento per almeno un biennio, ma ancora i meccanismi di valutazione non sono stati implementati.
Per gli statati, inoltre, non è possibile il licenziamento individuale per motivi economici, mentre sono previsti esuberi collettivi come nel caso delle Province. I dipendenti pubblici messi in mobilità hanno diritto per due anni a ricevere l’80% della retribuzione e, se non vengono ricollocati all’interno della Pubblica amministrazione, il rapporto di lavoro viene sciolto.
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