“Non smettere di cercare la verità su quella strage". Dal 19 luglio del 1992, giorno della strage di via Mariano D'Amelio a Palermo, questo monito risuona forte nelle aule istituzionali, nelle conversazioni tra i cittadini, nelle coscienze di chi c'era o di chi si è solo potuto documentare anni dopo. Stavolta l'appello è del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, nel giorno del 26° anniversario della strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina, rinnova l'interesse mai scemato - solo in passato più "nascosto" - per una forza trascinatrice che ancora oggi tormenta chi, al far luce su quella strage, ha dedicato parte importante della propria vita: la forza della verità.
Ed è verità ciò che chiede Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, sempre in prima linea per far giustizia sul caso della morte di una persona che in vita aveva fatto proprio della giustizia un'arma tagliente e micidiale, ma che venendo uccisa dalla mafia si pensava potesse portar via con sè anche il senso civico, il potere delle idee e l'associazionismo contro la criminalità. Si pensava. Gli autori della strage si sbagliavano di grosso. Ma ancora oggi, non tutti coloro che parteciparono all'ignobile gesto hanno un nome. Fiammetta Borsellino non si arrende e chiede verità: "Perché le autorità locali e nazionali preposte alla sicurezza non misero in atto tutte le misure necessarie per proteggere mio padre, che dopo la morte di Falcone era diventato l'obiettivo numero uno di Cosa nostra?"; "Perché via D'Amelio, la scena della strage, non fu preservata consentendo così la sottrazione dell'agenda rossa di mio padre?"; e ancora, "Perché i pm di Caltanissetta furono accomodanti con le continue ritrattazioni di Scarantino e non fecero mai il confronto tra i falsi pentiti dell'inchiesta (Scarantino, Candura e Andriotta), dai cui interrogatori si evinceva un progressivo aggiustamento delle dichiarazioni, in modo da farle convergere verso l'unica versione?". La figlia del giudice queste domande, insieme ad altre dieci, tramite La Repubblica, le ha poste allo Stato italiano. Quello Stato che, dopo anni di omissioni e indifferenza, con la sentenza del 20 aprile scorso è stato identificato come comprovato complice della mafia in una trattativa che potesse fermare la scia di sangue che scorreva inarrestabile a Palermo. Oggi di quella sentenza sono state depositate le motivazioni, ma nelle cinquemila pagine del documento redatto dalla Corte d'assise rimangono ancora irrisolti molti interrogativi.
Fiammetta Borsellino non è sola: i palermitani, la Sicilia, l'Italia intera le sono vicini in questa lotta contro un nemico che non ha volto: una lotta contro chi fa muro e ostacola le Istituzioni, quelle con l'iniziale maiuscola, quelle che si fanno grandi non per nomina ma per meriti. Si dice sempre che "Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono morti invano", assunto verissimo e sacrosanto. Eppure nessuno dice mai "Falcone e Borsellino sono in pace". Nessuno lo dice perché così non è, nessuno si permette di pronunciare queste parole divenendo complice di una realtà distorta capace di condurre qualcuno sul patibolo con la paradossale accusa di volere un mondo migliore. Una realtà in cui chi, a costo della verità, subisce minacce, violenza fisica e psicologica, viene dimenticato da quelli che si erano autoeletti suoi alleati ma che non vogliono più scottarsi troppo; una realtà nella quale chi cerca giustizia viene messo da parte persino dalla politica, il famigerato Stato, che non ritiene più necessario fornirgli una scorta.
Paolo Borsellino non è in pace. La sua anima, ovunque essa sia, vorrebbe tornare sulla terra per battagliare almeno un'ultima volta. Per restituire dignità a tutti i morti per mano della mafia, per dare l'ultimo colpo - che però purtroppo non sarebbe di grazia - alla macchina del fango che ha tentato di sporcargli la dignità ma che è solo finita col vedere fatti a pezzi dalla forza delle idee i propri stessi i ingranaggi. Paolo Borsellino non è in pace, e a dirla tutta poco importa se in un preciso giorno dell'anno, per un solo e unico giorno all'anno, si commemora qualcosa che poi nella vita non si mette in pratica o un personaggio che poi nel quotidiano mai si imita. Ogni giorno che trascorre senza verità, si consuma una nuova strage di via D'Amelio.
© Palermomania.it - Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Palermo n° 15 Del 27/04/2011
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