Si è concluso da poche ore il faccia a faccia tra Pd e M5S sulla legge elettorale. Presenti al tavolo i grillini Giuseppe Brescia, capogruppo della Camera, Maurizio Buccarella, capogruppo Senato, Danilo Toninelli, in qualità di vicepresidente della commisione Affari Costituzionali, e Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera. Ma a stupire tutti è la presenza, a sorpresa, del premier Matteo Renzi, in veste non di premier ma di segretario del Pd.
Un’ora di dibattito serrato, dai toni elastici, sulla legge elettorale proposta dal Movimento 5 Stelle, su cui il premier Renzi ironizza, stuzzicando i grillini: “La vostra proposta di legge l'abbiamo presa molto sul serio, l'abbiamo studiata. Abbiamo fatto delle simulazioni e non si ottiene la maggioranza. Io lo definisco ‘complicatellum’ o ‘grande fratellum’”.
Eppure dinanzi al “Democratellum”, la legge proposta dai 5 stelle, il Pd avanza opportunità di serio dialogo: “Siamo molto felici di poter ragionare e confrontarci insieme: se c'è un modo di trovare un punto d'incontro ne siamo felici, perché le regole si scrivono insieme - continua Renzi -. Il Democratellum è interessante sotto molti punti di vista, ma deficitario sotto il profilo della governabilità”.
Governabilità, ballottaggio, apertura alle preferenze e stop agli “inciuci”, questi i temi all’odg. Il Pd si dice pronto ad aprire dibattiti sulle preferenze, polemiche cioè portate avanti in modo costruttivo, senza più larghe intese improduttive.
“Mai più ‘inciuci’ e mai più larghe intese: per rispetto dei cittadini. Sembra strano che lo diciamo noi, in un contesto di larghe intese, anche se poi si sono rimpicciolite..., afferma il premier, per l’Italia è più conveniente avere la governabilità. È assolutamente fondamentale che chi vince le elezioni, il giorno dopo governi”. E, così, nell’auspicare un accordo sull’Italicum, Renzi ribadisce il suo personale desiderio di porre fine a un esecutivo fantoccio di larghe intese.
Da parte sua, Di Maio, replica: “Siamo contenti della vostre osservazioni. La legge elettorale che portiamo qui è solo un punto di partenza per superare determinate criticità - ha detto il vicepresidente, prima di chiedere un nuovo incontro -. Come metodo di lavoro vorrei che noi adesso, acquisite le vostre osservazioni, tra tre o quattro giorni ci rincontrassimo e valutassimo i punti di caduta sui quali poter discutere una legge elettorale insieme”.
Renzi dice sì a un nuovo incontro tra le parti, ma che la delegazione dei 5 stelle faccia in modo di portare sul tavolo idee chiare.
Il premier a Di Maio: “Il M5S è disponibile o meno a studiare un correttivo che consenta a chi vince di governare? Noi riteniamo che il Democratellum non garantisca questo”. E non tarda ad arrivare la contro battuta della Camera: “Sul tema della governabilità conviene con noi che chi vince non è detto che debba governare? È questa la grande partita. Noi non siamo né contro i doppi turni né contro i premi di maggioranza. Su questo possiamo discutere”.
Nel corso del moderato dialogo tra i due, tuttavia, c’è spazio anche per una “frecciata” del premier, il quale esordisce: “Dopo i pizzini abbiamo cambiato, ci diamo del lei... E allora le dico: lei ha preso 182 voti alle parlamentarie del M5S. Noi con 182 preferenze non riusciamo a metterlo in consiglio comunale un candidato... Lo dico senza arroganza”. Ma Di Maio replica, dopo pochi minuti: “Ho preso 182 preferenze, ma il M5S non ha mai avuto problemi di compravendita di tessere”.
Insomma, si direbbe un botta e risposta dai toni pacati con punte di sarcasmo, eppure non è mancata qualche tensione:
“Sul nostro sito e sui social network, esordisce Renzi rivolgendosi ai 5 stelle, scriveremo entro il 30 giugno i punti su cui dialogare sulla legge elettorale”, concedendosi poi una fulminea battuta, “invitiamo gli elettori M5S ad andare sul sito del Pd, magari cambiano idea”. A quel punto Luigi Di Maio ha risposto per le rime: “Mettete anche il bilancio Pd sul sito”; e il premier conclude: “Se vogliamo metterlo anche su questo non ho alcun problema”.
Alla fine, quello che sembra il primo tentativo di collaborazione con l’esecutivo sui temi concreti si è risolto con un nuovo appuntamento; ma le evidenti prove di dialogo non fanno pensare ad altro che a un’intesa che non esclude compromessi.
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