La Lega Araba frena sull'attacco sferrato ieri dalla Libia contro il leghista e ministro in pectore Roberto Calderoli. E dalla Farnesina, Massimo D'Alema ribadisce l' "amicizia" dell'Italia verso i Paesi arabi e mediterranei, ma puntualizza che "la formazione del nuovo governo è una questione interna italiana, regolata da precise disposizioni costituzionali".
Ventiquattrore dopo, le parole del figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Saif El Islam - che aveva minacciato "ripercussioni catastrofiche" nelle relazioni tra Roma e Tripoli se Calderoli fosse nominato nuovamente ministro - non trovano sponde nel mondo arabo e nella comunità islamica italiana. Che pure mostrano di ricordare bene l'incidente del febbraio del 2006, quando l'esponente leghista, da ministro delle Riforme, mostrò in diretta tv una maglietta con la riproduzione di una vignetta anti-islamica. Episodio che scatenò l'assalto di libici inferociti contro il Consolato italiano di Bengasi.
Il bilancio di 11 morti e decine di feriti degli scontri che ne seguirono costrinse allora Calderoli alle dimissioni. Malgrado qualche irritazione espressa a titolo personale, oggi è stato infatti il numero due della Lega Araba, Ahmad ben Helly, a chiarire all'ANSA che la sua associazione valuterà nel merito "la politica del governo Berlusconi". Il resto, aggiunge, "sono solo speculazioni su candidature".
Una posizione, la sua, che raccoglie subito il plauso del vice coordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto, uno degli uomini più vicini a Silvio Berlusconi. Il premier in pectore ha infatti affrontato finora la questione con la massima cautela.
Da parte sua non c'é stata, almeno per il momento, nessuna dichiarazione pubblica, proprio per evitare di alimentare tensioni che potrebbero sfociare in una crisi diplomatica con il vicino nordafricano prima ancora che il governo si insedi. Ma dalle indicazioni che arrivano dal Pdl, anche per bocca di Osvaldo Napoli, sembra confermata la nomina a ministro di Calderoli, dopo le ipotesi iniziali che lo volevano addirittura alla vice presidenza del Consiglio. Se infatti la Lega Nord ha fatto quadrato sul nome di Calderoli, il rigetto dei "diktat" di Tripoli è stato trasversale alle forze politiche, pur con qualche punzecchiatura da parte delle opposizioni. Ieri il Pd, e oggi l'Italia dei Valori - per bocca della deputata Silvana Mura - hanno escluso che l'Italia possa accettare "ingerenze" nei suoi affari interni. Anche se, ha aggiunto Mura, "iniziative scomposte e inaccettabili come quella della Libia sono anche la conseguenza del Padania Style al governo". Anche per Alfio Nicotra, del Prc, Tripoli "sbaglia ad intromettersi", ma "al contempo è semplicemente scriteriato riproporre Calderoli come ministro del governo italiano".
Sul fronte della maggioranza, Osvaldo Napoli (Pdl) - dopo aver definito Calderoli "sicuro ministro" ora più che mai - si appella al premier uscente Romano Prodi affinché chieda l'intervento dell'Ue.
Mentre Enrico La Loggia, sempre del Pdl, rispedisce al mittente "la scomposta ed inaccettabile provocazione libica". Più distensivo il collega di partito Italo Bocchino: "Niente diktat", premette il deputato Pdl, che ribadisce tuttavia l'impegno per un "dialogo tra Stato e religioni". Improntate alla necessità di dialogare sono anche le reazioni dell'Islam italiano, che prende le distanze dalle minacce del figlio di Gheddafi. Il presidente dell'Unione delle Comunità islamiche in Italia Mohamed Nour Dachan e Mario Scialoja, membro della Consulta islamica istituita presso il Viminale, giudicano "un'indebita invasione di campo" quella di Tripoli. "Nessun pregiudizio" su Calderoli neanche da parte delle comunità religiose islamiche in Italia, raggruppate nel Coreis. Per il vicepresidente Yahya Pallavicini "l'incidente" del 2006 della maglietta anti-islam indossata da Calderoli "é chiuso". Anzi, ha aggiunto l'imam, "qualora diventasse ministro, speriamo di avere relazioni e che anche per lui l'incidente sia chiuso".
SCHIFANI, SU SOVRANITA' COSTITUZIONE PARLA CHIARO
ROMA - Le scelte sul governo spettano al parlamento eletto con il consenso popolare, ''su questo la Costituzione parla chiaro''. Poche parole con le quali il presidente del Senato Renato Schifani, intervistato da Sky Tg 24, interviene sulla vicenda delle proteste della Libia sull'ipotesi che Roberto Calderoli diventi ministro nel nuovo governo di centrodestra.