Che si tratti di provocazione o meno non è dato sapere, fatto sta che il solo immaginare un centro di accoglienza per immigrati al posto dell’ippodromo di viale del Fante richiede uno sforzo di fantasia non indifferente; e questo perché Palermo, che come tutte le città del mondo ha i suoi simboli - paesaggistici (il Monte Pellegrino, Capo Gallo, l’anfiteatro naturale dei rilievi ai piedi dei quali si stende l’ex Conca d’oro con l’immensità del mare di fronte), monumentali (impossibile farne un elenco vista la quantità), di impiantistica non solo industriale (quale ad esempio la Fincantieri, oggi in declino ma per tanto tempo fiore all’occhiello dell’economia del Capoluogo siciliano) ma anche sportiva (con la storia dello stadio Renzo Berbera ad esempio, si intrecciano aneddoti di vita vissuta di migliaia di palermitani) -, capaci di delinearne il carattere e la personalità, pur essendo per vocazione città cosmopolita e aperta all’integrazione, difficilmente accetterebbe di assistere impotente al tramonto di uno di essi, anche se motivato da supposte infiltrazioni mafiose.
Lo storico Ippodromo della Favorita, inaugurato nel lontano 1953, e la cui mirabile descrizione di Gaetano Basile la si può leggere nel sito ufficiale ("a parte le caratteristiche tecniche e ambientali, l’ippodromo palermitano è l’unico al mondo con ingresso libero ed esibisce fieramente l’assenza di qualsiasi forma di pubblicità. Rende felici gli ambientalisti, sicuramente, ma pure coloro che amano trascorrere una giornata all’aria aperta, fra il verde, immersi in uno scenario a cui non siamo più abituati ora che pubblicità, con colori da circo, ha invaso stadi, impianti sportivi d’ogni genere e pure quei pezzi di città in cui si montano effimeri starter e traguardi. Nel nostro ippodromo solo natura, rumori di zoccoli, nitriti, urla d’incoraggiamento, di gioia o di delusione. Cose tutte che attengono all’animo umano"), in tal senso andrebbe semmai salvato e rilanciato, come asserisce, in maniera accorata, Alessandro Pagano -deputato capolista alla Camera per la Lega nel collegio plurinominale di Palermo città -, decisamente preoccupato circa il destino della struttura in seguito alle presunte infiltrazioni mafiose fatte registrare da quando è stata riaperta.
“Le famiglie che rimarrebbero penalizzate dall’eventuale chiusura sono tante e non devono essere abbandonate, così come l’eventuale progetto di allestire presso l’Ippodromo un centro di accoglienza per migranti o finti profughi va smascherato”. Una posizione ferma quella del politico nativo di San Cataldo, attualmente impegnato con il movimento politico della Lega nord, Noi con Salvini, che aggiunge: “dal maxi e costoso sistema di video sorveglianza installato, imposto tra l’altro dalla stessa prefettura, non emerge nulla di anomalo o illecito: ci sono tanti dubbi sulle vere ragioni della chiusura dell’Ippodromo di Palermo - dichiara Pagano - ma una sola certezza: oltre 500 lavoratori lasciati per strada. Persone, cui va la nostra piena solidarietà, che vivono da decenni di questo indotto, esercitando dentro la struttura la propria professione e la propria passione”.
Il boom delle scommesse ippiche, che conobbe il suo apice nel trentennio compreso tra gli anni 60’ e gli anni 80’, fece sì che l’ippodromo della Favorita, la cui tribuna faceva spesso registrare il tutto esaurito, divenisse uno tra i più apprezzati d’Italia. Vi si recava gente dei più disparati ceti, dal nobile al meno abbiente, tutti pronti a puntare, fino all’ultimo centesimo (e il Cielo solo sa quanti fanatici si sono ridotti al lastrico per il vizio del gioco) su fantini e cavalli dai binomi spesso bizzarri e divertenti. E se tra i gradoni del Barbera, il “ghiacciolaro” è tutt’oggi una figura istituzionale, in quel mondo lì indimenticabile era la figura del venditore di “scaccio, semenza e lupini”, passatempo ideale per scaricare le tensioni pre gara e post gara.
Una vera e propria “Febbre da cavallo” la definì il regista Steno in quello che divenne un film cult degli anni 70, una febbre destinata, dalla fine degli anni 90 in poi, causa l’avvento dei centri scommesse, a scemare sempre di più fino a quasi sparire del tutto. Oggi, le tribune degli ippodromi sono sempre più vuote, e gli sprint dei fantini, che, frustino in mano, lanciano al galoppo sfrenato i loro cavalli verso la vittoria, senza l’incitamento della folla non sono più la stessa cosa.
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