È stato condannato a due anni e sei mesi di carcere il padre violento che soggiogava i tre figli e picchiava la moglie. Una storia di violenza dentro le mura domestiche, scoperta dalla procura grazie a due temi in classe di una delle figlie.
Due elaborati sulla violenza delle donne e sulle condizioni familiari in cui la piccola di 11 anni ha raccontato l’inferno che viveva in casa, le privazioni che subivano lei e i suoi due fratelli ma soprattutto le violenze fisiche nei confronti della madre. “In un’occasione ha rotto un dente a mia mamma, un’altra volta le ha fatto uscire sangue al naso, un’altra ancora le ha tagliato la testa - ha raccontato la ragazzina agli inquirenti - Poi sempre insulti, parolacce e botte, tante botte”.
Oggi il gup Filippo Serio ha condannato, con rito abbreviato, il padre 46enne, già colpito dal divieto di avvicinamento alla famiglia.
L'inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Chiara Capoluongo, è nata dall’esposto della preside della scuola frequentata da una delle figlie. In quei due temi non c’era solo lo sfogo della ragazzina, ma traspariva la paura, il terrore di tornare a casa, la rassegnazione a subire i soprusi del padre. Niente telefonino, niente social network, mai un’uscita con le amiche, mai una festicciola. Sempre e solo in casa, obbedienti e in silenzio: questi erano gli ordini del padre.
Nei due fogli protocollo c’era poi il profondo dolore per quanto subiva la madre, la richiesta di aiuto e le uniche speranze affidate alla figura della nonna “l’unica che mi capisce”. Due temi scritti con sofferenza, cercando persino di minimizzare quello che viveva ogni giorno al ritorno da scuola.
La dirigente scolastica ha immediatamente informato il commissariato di Partinico e la procura. I magistrati hanno contattato la nonna della ragazzina, che ha confermato in lacrime il racconto della nipote. Anche lei era terrorizzata dalla violenza del genero, ma è riuscita a trovare il coraggio di raccontare quanto accadeva da anni nella famiglia della figlia. Anche la ragazzina è stata ascoltata dagli inquirente con la presenza degli psicologi che l’hanno ritenuta sincera e credibile.
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