"Li ammazzo a uno a uno e te li riporto morti". In questa frase, che un uomo avrebbe indirizzato all'educatrice vittima di minacce e violenza insieme ai migranti minorenni della comunità "Mediterraneo", è racchiusa tutta la violenza che ribolliva negli autori del raid razzista consumatosi a Partinico la notte del ferragosto scorso. Tra i violenti anche due donne almeno, di cui una è l'autrice del colpo più duro, immortalato dalle telecamere di sorveglianza: una pietrata sulla testa di un giovane gambiano, con prognosi di 20 giorni.
Ma l'uomo con la pistola e la donna che ha scagliato la pietra sono solo due delle 22 persone che hanno aggredito i giovani e l'educatrice della comunità, inseguendo il loro pulmino a bordo di cinque auto e scendendo da queste impugnando mazze da baseball. E senza alcun timore di usarle sul mezzo, un Fiat Scudo, e sui ragazzi.
Nelle indagini coordinate dal sostituto procuratore Giorgia Spiri, sono state perquisite le case di Roberto Vitale e Valentina Mattina, di Vincenzo Vitale e Maria Cristina Schirò, e poi ancora quelle di Antonino Rossello, Giacomo Vitale, Salvatore Vitale ed Emanuele Spitalieri: tutte le armi sono state trovate dai carabinieri di Partinico, fatta eccezione per quella da fuoco. Ancora buio su dove possano trovarsi i cellulari delle giovani vittime, rubati dai violenti.
La Repubblica apprende che uno dei sospettati della spedizione punitiva a sfondo razziale è un pregiudicato sottoposto alla sorveglianza speciale, mentre altri tre sono anche loro volti noti alle forze dell’ordine con precedenti per reati contro il patrimonio, lesioni e spaccio di stupefacenti.
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