Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, riunitosi a Roma il 18, 19 e 20 gennaio, ha approvato le linee guida di riforma dell'ordinamento giornalistico.
Decisione questa molto attesa, ma soprattutto necessaria, anche alla luce delle recenti novità introdotte dalla legge 148 del 2011 e dalle sue successive modificazioni. Insomma, dopo un lungo percorso di autoriforma, durato dieci anni, si è arrivati all'approvazione di un documento, condiviso dalle varie componenti del Consiglio Nazionale che viene offerto al Governo per la discussione e, se del caso, per l'approvazione. «Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti evidenzia la peculiarità della professione giornalistica da intendersi come strumento di democrazia fondato sull'articolo 21 della Costituzione e finalizzato a garantire il diritto dei cittadini ad un'informazione corretta e completa, indispensabile per compiere scelte libere e consapevoli. Il Cnog ringrazia tutti coloro che hanno contribuito a raggiungere questo risultato e, in particolare, la Fnsi per l'apporto fornito nel mezzo dei lavori e che ha offerto al Governo l'immagine di una categoria coesa a tutela delle libertà d'informazione». Così si esprime in una nota il Consiglio nazionale dell'Ordine.
Il fatto che si sia arrivati dopo tanti anni a un percorso di autoriforma condiviso è di gran lunga positivo, tuttavia occorre ricordare come si tratti, allo stato degli atti, di una semplice proposta che, consegnata al Ministro della Giustizia, dovrà dapprima essere valutata e successivamente, si spera, fatta propria dal Governo. Eppure, a prescindere da ciò che avverrà da qui a qualche mese, si è arrivati, almeno da parte dei giornalisti, all'approvazione di una riforma del quadro unitario che disciplina la legge istitutiva dell'Ordine, cioè la n. 69 del 1963Ma andiamo a vedere nel dettaglio quali sono le novità introdotte: innanzitutto, l'accesso alla professione giornalistica è libero (invero questo esisteva anche prima, sia pur nel rispetto delle modalità di iscrizione all'albo), viene poi ribadita l'unicità dell'albo dei giornalisti, con la permanenza nei due elenchi dei giornalisti professionisti e dei giornalisti pubblicisti nonché il mantenimento dei diritti acquisiti dagli iscritti all'entrata in vigore della riforma. Tuttavia, la vera novità è costituita dal fatto che l'accesso alla professione di giornalista dovrà avvenire attraverso l'esame di Stato per tutti gli aspiranti giornalisti, e non solo per i professionisti come avveniva prima. Occorre ricordare come la normativa attuale, cioè quella del 1963, è destinata ad essere abrogata con l’entrata in vigore del regolamento governativo e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012. Pertanto, se entro quella data, non dovesse essere promulgato il decreto, tutte le parti incompatibili della legge professionale dei giornalisti – 69/1963 – in contrasto con le due leggi di riforma del 2011 decadranno. Quindi, il Consiglio nazionale dell'Ordine ha offerto la propria proposta di riforma al Governo affinché si decida in merito. Altra novità delineata dalla linee guida di riforma appena varate, è quella della laurea che gli aspiranti giornalisti dovranno possedere, unitamente allo svolgimento di un tirocinio di 18 mesi. Per quanto riguarda quest'ultimo, saranno individuate altre opzioni tramite un regolamento che sarà introdotto successivamente, ma che potranno essere:
- praticantato aziendale;
- frequenza di un master riconosciuto dall’Ordine dei Giornalisti;
- frequenza di corsi post-laurea specialistici in Giornalismo;
- sistematica collaborazione equamente retribuita in testate giornalistiche.
Quindi, saranno quattro le modalità di accesso alla professione. Intanto, è utile notare come ne venga introdotta una terza: quella relativa alla frequenza di corsi post-laurea specialistici in Giornalismo. Ulteriormente, occorre aggiungere l'abbassamento del periodo di tirocinio a 18 mesi (ma questo, invero, dipende dal D.L. 201 del 6 dicembre 2012, più comunemente noto come Manovra Monti, che ha fissato il tirocinio per tutte le professioni a 18 mesi), consentendo così anche agli aspiranti giornalisti pubblicisti di ridurre da 24 mesi a 18 i mesi di collaborazione, con un risparmio di 6 mesi sul periodo di lavoro. La dicotomia tra pubblicisti e professionisti permarrà, ma solamente dopo aver sostenuto l'esame di Stato: chi lo avrà superato, sceglierà se iscriversi nell’elenco professionisti o in quello pubblicisti. Accanto a queste, altre importanti novità sono costituite dalla formazione permanente sancita con un obbligo, a cui i giornalisti dovranno sottoporsi, contravvenendo alla quale si determina un illecito disciplinare; in più, verranno istituiti, ai fini dell'esercizio dell'attività disciplinare, tramite la separazione dei consigli dell'Ordine dai consigli disciplinari, il Consiglio di disciplina regionale e il Consiglio di disciplina nazionale, che svolgerà funzioni di seconda istanza; l'iter transitorio di accesso all'esame di Stato, per chi è già giornalista pubblicista, dovrà esaurirsi nell'arco massimo di un quinquennio e sarà regolato da precise norme da emanare, fermo restando il fatto che i pubblicisti non disponibili ad avvalersi della nuova normativa, resteranno iscritti all'elenco di appartenenza. A tal riguardo, tra i requisiti che la riforma richiede per sostenere l'esame di Stato, sono previsti l'iscrizione nell'elenco dei giornalisti pubblicisti e “l'esercizio esclusivo dell'attività giornalistica in forma di sistematica collaborazione retribuita di almeno 36 mesi nell'ultimo quinquennio”.
Tra l'altro, nel progetto di riforma interno dei giornalisti è stato inserita anche la norma che prevede la possibilità per chi ha già superato l’esame di Stato di iscriversi ad un diverso albo professionale e ha svolto tirocinio giornalistico, l'accesso diretto all’esame di Stato.
Ebbene, fin qui le novità introdotte dalla riforma approvata. Adesso, però, occorre capire che cosa succederà in concreto: cioè se il Governo sposerà il progetto di riforma oppure no. Intanto, pare, giustamente, che la volontà dell'Ordine sia quella di salvaguardare i diritti acquisiti dei giornalisti pubblicisti. Tuttavia occorrerà capire come, anche con questa riforma, si possa mantenere in un albo professionale i giornalisti pubblicisti che decideranno di non sostenere nei cinque anni di regime transitorio l'esame di Stato, visto che in ogni caso l'art. 33, comma 5, della Costituzione prevede, per l'appunto, il superamento dell'esame per l'abilitazione all'esercizio dell'attività professionale, oltreché dal comma 5 dell’articolo 3 del decreto legge 138/2011 (poi convertito dalla legge 148/2011) che stabilisce l’accesso a tutte le professioni intellettuali soltanto previo superamento dell’esame di Stato previsto dalla Costituzione. Intanto, occorre considerare la situazione di tutti gli aspiranti pubblicisti che termineranno il periodo di collaborazione di 24 mesi, dopo la data di entrata in vigore delle riforma e comunque in ogni caso, dopo il 13 agosto 2012.
A questo punto, a rigor di logica, sembrerebbe che essi ricadranno nel nuovo regime, quindi con il rispetto dei nuovi requisiti, e sembrerebbe anche che il periodo di collaborazione precedentemente svolto dovrebbe valere ai fini del nuovo tirocinio di 18 mesi. Tuttavia, dati certi si avranno successivamente con l'introduzione di apposite norme che disciplineranno questi aspetti. Tutto ciò avverrà se non saranno apportate modifiche all'impianto originario, cosa questa che non può essere aprioristicamente esclusa.
Insomma, la categoria dei pubblicisti e degli aspiranti pubblicisti è in grande fermento, in attesa delle determinazioni del Governo. Soprattutto perché la normativa futura, oltreché a toccare apertamente il destino professionale di decine di migliaia di operatori dell'informazione, potrebbe compromettere la capacità di un Paese di fare informazione. Quest'ultimo è un diritto inalienabile da tutelare e rispettare certamente. Che dire? Ai posteri l'ardua sentenza!
Fonte: redazione palermomania.it
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