La propaganda elettorale isolana aveva annunciato che la Sicilia avrebbe votato per il futuro e per nuovi equilibri.
Oggi, come ieri.
Una volta si parlava di “compromessi storici”, ora si dice in volgare “inciucio”, ma la sostanza non cambia.
Sembrava che in questa campagna elettorale siciliana si fosse tornati indietro di tanti anni, nel 1958 con Silvio Milazzo (Dc) eletto presidente del governo regionale con i voti della destra e della sinistra unite - si affermava - nell’ “alto interesse dei siciliani”, storia politica che si ripete con periodi di spettacolarità comiziale, di slogan, di promesse per il “futuro e nuovi equilibri” per la Sicilia.
Ma il compromesso del ‘58 tra destra e sinistra naufragò in breve tempo e Silvio Milazzo, espulso dalla Dc per essersi alleato con il Pci, fondò nel 1959 il movimento Unione Siciliana Cristiano Sociale, movimento politico di protesta che per certi versi somigliava alla Lega Nord di Salvini. Milazzo era però destinato a sparire dalla scena politica, sopraffatto dalle aspirazioni di potere di altri partiti, soprattutto del Pci, trascinando nel buio quell’alto interesse per il futuro siciliano di cui si era tanto annunciato.
I compromessi “storici” o “nascosti” hanno rappresentato la caratteristica, nel vecchio sistema e nell’oggi, della nostra politica, dal Nord al Sud, da regione e regione. Non è stato un “compromesso nascosto” - ora detto “inciucio” - nei suoi intenti di convenienza politica il voler togliere la dicitura “Nord” dall’insegna della Lega di Salvini, per non disturbare il suo potenziale alleato, Silvio Berlusconi, alle “nazionali” ? Poteva sembrare, agli sprovveduti, uno scherzo da buontempone, ma aveva , invece, il suo motivo psicologico: perché parlare di Nord in terra del Sud non avrebbe avuto alcun senso, psicologicamente parlando e annunciando. E Salvini, che non è uno sprovveduto, l’aveva capito.
Dal compromesso si è passati alla parola chiave moderna, l’ “inciucio” del quale (in politica) se parla male, ma a quale si ricorre (per gioco politico) onde poter varare alleanze e sviluppare interessi partitici “a nome del popolo siciliano”.
L’ “inciucio” in Sicilia ha però subito una brutta fine, per il fatto che non è piaciuto a un paio di milioni di siciliani che hanno disertato le urne: infatti, su 4.661.111 di elettorato hanno votato 2.179.476. Un’ amara sorpresa (o sorpresa annunciata?) per chi, tra i cinque contendenti alla presidenza regionale, sognava sogni dorati. Solo nelle province di Messina e Catania, la percentuale dei votanti è stata oltre il 51% contro il 46,76% della provincia di Palermo, con il Pd che accusa un arresto di marcia.
In pratica, ha vinto il “partito del non voto”, sulla “strana” campagna elettorale siciliana: indifferente la gente comune, che rappresenta, in tutte le competizioni politiche lo zoccolo duro per il consenso o non consenso, ai tanti slogan dei leader politici.
E questo è il vero sintomo di un malessere della cosiddetta credibilità politica che, in Sicilia, va avanti da anni.
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