Ciò che sta accadendo in Italia rispetto alla richiesta presentata da vari pazienti di poter ricorrere all’uso di terapie a base di cellule staminali, sta rasentando il ridicolo o quanto meno l’incomprensibile.
Nello stesso tribunale, in quello di Torino cioè, un fratello ed una sorella, ambedue affetti dalla Sindrome di Niemann Pick ricorrono a due diversi giudici per essere autorizzati ad usare le staminali preparate dalla Stamina Foundation. Il tribunale attraverso un giudice nega alla bambina l’autorizzazione, mentre lo stesso tribunale con un altro giudice qualche giorno prima aveva autorizzato il fratello.
Una differenza che al di là dei tecnicismi e delle differenze di merito delle due situazioni, lascia però la famiglia dei due fratelli fortemente perplessi nel vedere che adesso il figlio può curarsi che le staminali e la sorella, che ha la stessa malattia invece no. In pratica, a dei genitori che cercano la stessa cura per due figli destinati a morte certa, viene opposta, come unica discriminante, la differenza di vedute di due magistrati. La situazione è molto confusa e se da un lato il mondo scientifico continua ad essere contrario al metodo usato dalla Stamina Foundation, dall’altro lo stesso mondo scientifico dichiara che affidare queste decisioni sull’uso o no di un sistema terapeutico alla magistratura, stravolge le regole della ricerca.
Ora se la posizione del mondo scientifico sembra abbastanza univoca e chiara nel suo giudizio sulla Stamina Foundation, è altresì vero che le famiglie di questi malati, che nel 99% dei casi non hanno futuro, non possono essere abbandonati a giudizi dei magistrati sul dare o no ai propri figli o figlie una terapia. D’altro lato, la magistratura stessa che è obbligata ad emettere una sua decisione una volta interpellata, non può tramutarsi nell’organo scientifico chiamato a decidere se una metodologia terapeutica sia valida o no.
Cosa sanno d'altronde i magistrati sulle cellule staminali? E cosa sanno di malattie rare (cosiddette orfane)? Cosa sanno di medicina genetica? Ovviamente nulla!
E appare subito evidente che due genitori, che non intravedono per i loro figli nessuna prospettiva futura che non sia un progressivo aggravamento che li porterà alla morte, hanno tutto il diritto di tentare qualunque terapia sopratutto quando, come nel caso del bambino di Torino, dopo la prima infusione si erano già visti dei notevoli miglioramenti. Se poi la cura non farà effetto, alla fine non ci saranno rimpianti; ma non posso non pensare che ogni cittadino, di fronte ad una malattia per la quale ancora il mondo scientifico non abbia trovato una valida terapia, abbia il diritto di curarsi come preferisce.
Fonte: redazione palermomania.it
© Palermomania.it - Il portale di Palermo a 360°
Lascia un tuo commento
Questo articolo ha ricevuto
Approfondimenti
Opinioni a confronto
Articoli più letti