Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris è stato condannato a 1 anno e 3 mesi di reclusione con sospensione condizionale, beneficio che fa decadere anche l'interdizione dai pubblici uffici per 1 anno, a causa della vicenda relativa alle utenze di alcuni parlamentari acquisite senza le dovute autorizzazioni nel 2006, quando icopriva il ruolo di pubblico ministero a Catanzaro ed era titolare dell'inchiesta denominata “Why Not”.
La sentenza di condanna, emessa dalla X sezione del tribunale di Roma presieduta da Rosanna Ianniello, è stata estesa nella stessa misura anche a Gioacchino Genchi, ai tempi consulente informatico dello stesso De Magistris. L’attuale primo cittadino partenopeo acquisì senza autorizzazione i tabulati telefonici di Romano Prodi, Francesco Rutelli, Clemente Mastella, Marco Minniti e Antonio Gentile. De Magistris e Genchi dovevano rispondere di abuso d’ufficio e, nonostante il pm Roberto Felici avesse richiesto l’assoluzione per il primo e la condanna solo per il secondo, i magistrati hanno stabilito di emetterla per entrambi.
“È la peggiore delle ingiustizie - ha tuonato De Magistris dopo la sentenza -. La mia vita è sconvolta. Sono profondamente addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti. Ma rifarei tutto, e non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato. In Italia, credo non esistano condanne per abuso di ufficio non patrimoniale - aggiunge il sindaco di Napoli -. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze a loro riconducibili. Prima mi hanno strappato la toga, con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il mio dovere, dedicando la mia vita alla magistratura, ed ora mi condannano, a distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici”.
“Nel corso della requisitoria, il rappresentante dell'accusa aveva sostenuto che, pur essendo stato De Magistris a dare carta bianca al suo consulente tecnico indagando sui contatti trovati nell'agenda di un imprenditore indagato, Antonio Saladino, fu Genchi a trasformarsi in "dominus" dell'inchiesta e a disporre non solo i decreti di acquisizione degli atti, ma anche a scegliere i nominativi dei parlamentari i cui tabulati telefonici dovevano essere acquisiti. Insomma, per il pm Felici “una violazione e una indebita intrusione nella vita privata” dei parlamentari”. Un’argomentazione accolta dal tribunale di Roma che ha ritenuto di estendere anche a De Magistris le responsabilità attribuite a Genchi.
Ma il sindaco di Napoli, sul quale pende l'applicazione della legge Severino e la possibile sospensione fino a 18 mesi dalla carica, non ci sta e replica: “Sono i giudici a doversi dimettere. Siamo di fronte a uno Stato profondamente corrotto”. Eppure, la sospensione di De Magistris è una prospettiva su cui è intervenuto anche il presidente del Senato Pietro Grasso, il quale ha chiarito che “la legge Severino è una legge che va applicata ed è stata già applicata anche ad altri sindaci. Penso sia inevitabile che venga fatto lo stesso in questo caso”.
Immediata la risposta dell'Associazione Nazionale Magistrati alle parole al veleno di De Magistris, che dà il via al botta e risposta: “Le espressioni usate vanno ben oltre i limiti di una legittima critica a una sentenza, perché esprimono disprezzo verso la giurisdizione”, ribattono i magistrati, i quali definiscono “gravi e offensive” le parole del sindaco in direzione dei giudici del Tribunale di Roma, “tanto più inaccettabili poiché provenienti da un uomo delle istituzioni”. Poco dopo è arrivata la nuova battuta del primo cittadino: “Non ho fatto dichiarazioni nei confronti della magistratura, ma nei confronti della sentenza che ho diritto di giudicare inaccettabile, grave, intrisa di violazioni di legge e vergognosa. L’Associazione Nazionale Magistrati ha diritto di censurarmi" ma tra i magistrati "ci sono anche fior di delinquenti che non applicano la legge nel rispetto della Costituzione”.
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