Oltre 200 militari tra carabinieri e unità specializzate hanno eseguito dalle prime ore del mattino un provvedimento restrittivo emesso dal gip del tribunale etneo, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 19 persone dirigenti e affiliate del clan mafioso Laudani di Paternò, ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, rapina, porto e detenzione illegale di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.
L'operazione "En Plein 2" ha portato al provvedimento di arresto per Giuseppe Arcidiacono, Antonino Barbagallo, Samuele Cannavò, Giorgio Castorina, Alessandro Giuseppe Farina, Angioletto Farina, Emanuele Farina, Antonino Mazzaglia, Domenico Morabito, Salvatore Morabito, Francesco Giuseppe Pappalardo, Giuseppe Patané, Salvatore Rapisarda, Biagio Sambataro, Salvatore Sambataro, Sebastiano Tocra e Vincenzo Vinciullo.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e sviluppate dal Reparto Operativo - Nucleo Investigativo di Catania, hanno consentito di ricostruire l’organigramma del clan, considerato una delle più ramificate e pericolose consorterie criminali operante nel catanese e caratterizzato da un'autonomia criminale orgogliosamente rivendicata anche nei confronti di “Cosa Nostra” etnea. Le indagini sono la prosecuzione di un'altra operazione, che nell’aprile del 2015 portò alla cattura di altri 16 soggetti appartenenti al clan.
Dall'operazione è emerso che il boss Salvatore Rapisarda continuava a reggere le fila del sodalizio dal carcere, impartendo ordini e direttive agli associati in libertà tramite il suo fedelissimo Alessandro Giuseppe Farina - anch'egli detenuto - che a sua volta riferiva alla moglie Vanessa Mazzaglia, al suocero Antonino Mazzaglia e al nipote Emanuele Lucio Farina.
Attraverso colloqui e incontri in carcere, Rapisarda aveva espletato le nuove nomine all'interno della cosca: l’incarico di responsabile ad interim per il territorio di Paternò al era stato affidato al nipote Vincenzo Marano, "Enzo u squalu", che gestiva le piazze di spaccio e la cassa comune del clan, assicurando il mantenimento degli associati detenuti. Identificate anche le "nuove leve" dei Laudani, che si occupavano di portare avanti le illecite attività criminose al fine raccogliere denaro per la cassa comune. Tra queste figurava il traffico di cocaina e marijuana a Paternò e Santa Maria di Licodia. Nei colloqui in carcere, Rapisarda e Farina venivano a loro volta informati dei problemi da risolvere nel clan (primo fra tutti quello degli stipendi agli associati) e intervenivano dando specifiche disposizioni da far pervenire all’esterno del carcere.
Fatta luce anche su una tentata rapina a mano armata avvenuta il 30 dicembre 2017 a Paternò in un distributore di carburante, nel corso della quale Emanuele Lucio Farina e Samuele Cannavò avevano esploso anche un colpo d’arma da fuoco a fini intimidatori.
Gli arrestati sono stati condotti nelle carceri di Catania, Messina e Prato, in attesa dell’interrogatorio di garanzia che si terrà nei prossimi giorni.
Fonte: COMANDO PROVINCIALE CARABINIERI DI CATANIA
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