La fotografia di quanto accaduto, nel mercato, tra il 2008 e il 2016 è stata fatta da uno studio di Confcommercio nazionale “Imprese e Città. Demografia d’impresa nei centri storici italiani”, presentata a Roma, e che prende in considerazione anche Palermo.
Si tratta di un’analisi che si pone l’obiettivo di capire come le strutture commerciali e turistiche sono cambiate appunto negli ultimi otto anni, dal 2008 al 2016. Lo studio fa una distinzione tra centri storici e non centri storici e 13 categorie distributive, non specializzati, alimentari, tabacchi, carburanti, computer e telefonia, mobili, e ferramenta, libri e giocattoli, vestiario e tessili, farmacie, ambulanti, altro commercio, alloggio, bar e ristoranti.
A livello geografico emerge la crescita al Sud delle attività legate al turismo, bar, ristoranti e alberghi, ma soprattutto un vero e proprio boom del commercio ambulante che dal 2008 ad oggi ha registrato in quest’area un incremento del numero di attività pari all’85,6%: a Palermo sono quasi quadruplicate, a Catania sono cresciute del 50%. Nella nostra città gli ambulanti nel centro storico sono passati da 212 del 2008 a 819 del 2016, fuori dal centro storico da 693 del 2008 ai 1.917 del 2016.
Tra le determinanti della desertificazione commerciale dei centri storici, oltre alle dinamiche demografiche, come l’età media della popolazione e la densità abitativa, e al calo dei consumi, il fenomeno può essere ricondotto prevalentemente ai canoni di affitto del centro più elevati rispetto a quelli delle periferie.
Tra il 2008 e il 2016, in città, le attività al dettaglio con sede fissa nel centro storico sono diminuite del 24,6%, quelle fuori dal centro storico invece sono diminuite del 19,4%. Numeri diversi per le attività legate alla ricettività turistica come alberghi, bar e ristoranti con un +45,1 % nel centro storico e un +8,4% fuori dal centro storico.
La presidente di Confcommercio Palermo Patrizia Di Dio afferma: "Le aziende e le imprese vanno via dal centro anche per i canoni di locazione che in centro storico sono evidentemente più alti, dunque il commerciante, come l'imprenditore, viene inevitabilmente scoraggiato. La crescita esponenziale del commercio ambulante – prosegue Di Dio - è un'importante segnale da leggere con attenzione perché è evidente che siamo in presenza di una insostenibilità da parte di tanti commercianti a mantenere i costi di una sede fissa con utenze varie, maggiori tasse, costo dei dipendenti. L'ambulantato – aggiunge Patrizia Di Dio - comporta chiaramente maggiori sacrifici sul piano personale, non piace a nessuno lavorare all'aperto, cambiare sede ogni giorno, lavorare spesso anche sette giorni su sette girando qua e là per i vari mercati. Gli anni presi in esame sono anni di crisi nera, di sofferenza per i negozi e per le imprese in generale ed il consumatore è comunque costretto a risparmiare”.
Confcommercio chiede quindi al Governo di adottare efficaci misure di agevolazione fiscale per favorire l’apertura e la sopravvivenza delle attività commerciali nei centri storici. E propone alle associazioni dei proprietari immobiliari di avviare un percorso comune per la revisione delle formule contrattuali e la riduzione dei canoni di locazione commerciale.
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