I dati allarmanti diffusi dall’Istat sulla disoccupazione fanno inorridire il giovane Matteo, fresco di nomina e in possesso di una bacchetta magica per risolvere i problemi dell’Italia e degli Italiani. Ma non sarà la bacchetta magica che gli consentirà di far calare il numero dei disoccupati. Dovrebbe essere piuttosto un ferreo controllo di chi veramente lavora e di chi in effetti non lavora. Di chi è effettivamente disoccupato, non trovando un lavoro, perché lo ha perso per un motivo qualsiasi, e di chi invece disoccupato non lo è, perché lavora comunque in nero, e truffa regolarmente lo Stato, percependo un sussidio di disoccupazione ed un compenso per quello che continua invece a svolgere.
È infatti assodato che l’utilizzo del lavoratore in nero consente a costui di guadagnare e non dichiarare cospicui importi, e a chi si serve della propria prestazione di risparmiare. La piaga del lavoro nero (assieme a quella del doppio lavoro) è alquanto diffusa in Italia, ma l’Istat non riesce a fornire i dati. Il motivo? Solo pochi dichiarano effettivamente il loro status ai rilevatori impegnati nelle consuete interviste, presso il campione di famiglie estratte.
Non fanno fede nemmeno i dati degli Uffici di Collocamento, poiché è risaputo che i numeri sono gonfiati, ma non per colpa degli impiegati e dei responsabili, ma per dichiarazioni assolutamente inattendibili di chi si iscrive nelle liste.
In mezzo allo sfascio del Paese, diamo un pessimo esempio anche a chi, proveniente da altre nazioni per motivi di lavoro, si adegua e ne approfitta. È di poco più di 24 ore fa la richiesta di una badante indiana fatta a una persona anziana che avrebbe dovuto utilizzarla: essendo disoccupata per la morte della precedente persona che accudiva (un bel biglietto da visita per la nuova assistita, non c’è che dire…) ha imposto lei, la badante, le condizioni. Non una normale assunzione, con relativo versamento dei contributi, ma solo una prestazione d’opera da retribuire senza alcuna formalità, ossia senza essere messa in regola. Ma non ad un prezzo minore, badate bene, che avrebbe potuto far risparmiare qualcosa all’anziana, che già non gode di una pensione a tre zeri, bensì ad un prezzo superiore, visto che questa formula avrebbe fatto risparmiare a quella il versamento dei contributi.
Una proposta sdegnosamente respinta dal figlio dell’anziana, il quale, a quel che mi è stato raccontato, ha espresso il proprio disappunto nei confronti di un popolo (alla fine si fa di ogni erba un fascio, ma non penso che sia stato esagerato…) che da due anni tiene in ostaggio due militari Italiani, e non sa (o finge di non sapere) che in Italia ci sono cittadini indiani, immigrati per motivi di lavoro, che propongono soluzioni occupazionali giustificate dal fatto che sono proprio loro a tenere il coltello dalla parte del manico!
Mi è stato anche riferito che, trattandosi di donne, non sono state prese a pedate nel sedere. Ma mi è stato detto, con amarezza, che ci meritiamo questo! Proprio da persone che quotidianamente trasferiscono all’estero ingenti capitali, che nel nostro Paese non spendono nemmeno il 10% dei loro compensi, e che hanno capito che i contributi versati per il loro lavoro non li vedranno mai. Quindi, meglio prenderseli prima!
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