Con una crescita di 1 punto percentuale nel 2017, l’economia siciliana sembra essersi avviata in un percorso virtuoso. Ma se da un lato crescono gli investimenti, e timidamente anche i consumi, sono ancora forti le incognite per poter pensare che stiamo uscendo dalla terribile crisi che ci sta martoriando da quasi un decennio: quei pochi posti di lavoro creati nell’ultimo triennio sono per lo più precari e a basso salario, mentre un numero importante di famiglie vive in assoluta povertà. Secondo le stime Diste, più di 200mila famiglie residenti vivono in assoluta povertà, per un totale di quasi 600 mila persone che contribuiscono alla crescita delle disuguaglianze sociali: il quinto più ricco della popolazione siciliana avrebbe un reddito di oltre otto volte del quinto più povero; su scala nazionale il rapporto sarebbe di circa sei volte (Istat).
“Si riprende a camminare, ma serve correre” è il titolo dell’edizione numero 48 del Report Sicilia, l’analisi previsionale sull’economia dell’Isola realizzata da Diste Consulting per Fondazione Curella, presentato nella sede dell’Assessorato regionale all’Economia, a Palermo. A presentare il rapporto Pietro Busetta, e Alessandro La Monica, con le conclusioni del vice presidente della Regione e assessore regionale all’Economia Gaetano Armao.
“Una ripresa che segna discontinuità e che procede in modo titubante – ha affermato l’economista Pietro Busetta - non fa altro che alimentare la percezione che la crisi non è finita, anche perché a distanza di tre anni dall’affiorare dei germogli di rilancio, i disoccupati – tra quelli ufficiali e quelli potenziali – restano vicini a un milione, mentre i pochi posti di lavoro creati nel triennio sono per lo più precari e a basso salario, se non in nero. Quanto al prodotto interno lordo, il suo ammontare si è ridotto negli ultimi dieci anni del 13% in termini reali, con ricadute significative sull’occupazione e sul tenore di vita della popolazione. A proposito di crescita va sottolineato – ha continuato Busetta - che lo scorso 20 dicembre l’Istat ha diffuso le stime preliminari sull’economia siciliana nel 2016, e quelle revisionate del 2015 peggiorano il quadro di ripresa delineato dalle stime precedenti fornite dello stesso Istituto. Secondo i nuovi dati, nel 2015 il prodotto interno lordo della Sicilia sarebbe aumentato dello 0,9% e non del 2,1% come indicato in precedenza. Nel 2016 la fase di recupero iniziata l’anno prima avrebbe subito una pausa, certificata da un -0,1%”. Dati molto più vicini alle previsioni fatte dalla Fondazione Curella. “Per questo – ha aggiunto Busetta - è necessario che partano immediatamente le zone economiche speciali sia quelle nazionali che eventualmente quelle regionali”.
Gli occupati sono stimati a 1 milione 363 mila, in aumento di 12 mila unità. “Sebbene dal 2015 – ha precisato Alessandro La Monica - in coincidenza con l’inizio della ripresa, siano stati creati 42 mila posti di lavoro, il deficit occupazionale sul 2007 si mantiene attorno a 117 mila unità (-7,9%), totalmente di genere maschile, mentre sull’intero territorio nazionale si registra un guadagno di oltre 130 mila occupati. La polarizzazione dell’occupazione verso le classi d’età più avanti negli anni ha alzato l’età media dei lavoratori, raffigurando nel tempo una specie di “senilizzazione” del mercato del lavoro: dai 40 anni circa del 2007 l’età media è salita nel 2016 a 44 anni”.
Il tasso di disoccupazione ha toccato quota 21,5%, 0,6 punti in meno dell’anno precedente, ma ben 8,7 punti in più di dieci anni prima. La disoccupazione giovanile rimane assai problematica (58% circa), malgrado un gran numero di giovani si sia ritirato dal mercato del lavoro scoraggiato dalle scarse prospettive d’impiego. La disoccupazione si concentra sempre più sulla componente maschile tra 25 e 44 anni. La manodopera femminile ha trovato più facilmente impiego nei servizi, sebbene in molti casi in un’attività involontariamente a tempo parziale.
Gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto sono aumentati del 3,1%, incoraggiati dalle condizioni di finanziamento favorevoli e dagli incentivi fiscali, oltre che da aspettative di consolidamento della ripresa. A fine anno gli investimenti in beni strumentali erano più bassi di un quarto rispetto a dieci anni fa.
Gli investimenti in costruzioni hanno invertito il lungo trend declinante, ma il recupero ha stentato a prendere slancio (+1,0%),a causa dell’accumulo di immobili invenduti e della vischiosità nell’apertura di nuovi cantieri di lavori pubblici. Qui l’attività di accumulazione denuncia un calo ad oltre la metà del livello del 2007.
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