Ha 32 anni, è un giovane imprenditore di Agrigento e nel 2014 è stato inserito dalla rivista Wired tra i manager under 35 più promettenti d’Italia. Il suo nome è Ezio Lauricella ed è stato in grado di creare un brand di moda ecosostenibile, “Tarì rural design”, specializzato in borse. Il segreto di tanto successo? Ezio ha deciso di puntare sulla tradizione, di non lasciare indietro la sua terra.
Prodotti e colorazioni naturali, sacchi di juta riportati a nuova vita, antiche maioliche impresse sui tessuti e scarti di produzione delle grandi griffe rimaneggiati e riciclati: sono questi gli ingredienti che il giovane ha utilizzato a riducendo al minimo l'inquinamento, sia a noi stessi, rispettando la nostra storia e i proprio vantaggio. "In questo modo - spiega - facciamo un favore sia all'ambiente, tesori preziosi del nostro territorio".
Il sogno di Ezio era quello di creare un brand che coinvolgesse artigiani e agricoltori di quella Sicilia amante della terra, spesso dimenticata. Così è nata l'idea di donare ad alcune aziende agricole siciliane una fornitura di sacchi di canapa per la tradizionale raccolta delle olive. I sacchi, realizzati da artigiani locali, sono poi stati recuperati dal giovane e dal suo team per farne la base delle borse stesse e per dar vita ad un prodotto riutilizzato, frutto delle eccellenze locali.
Il giovane di Agrigento, prima di lanciarsi nel progetto “Tarì rural design”, ha fondato “Cum Laude”, altro marchio di abbigliamento ecosostenibile, realizzato con materiali come canapa e seta, e colorazioni naturali estratte da tè nero, melograno e zafferano.
"Oggi c'è una maggiore consapevolezza ambientale: alle persone piace scoprire cosa c'è a monte di alcuni prodotti. Nel caso delle borse, è facile entrare in uno store e comprarne una stereotipata. In questo caso, invece, proponiamo dei pezzi unici: chi compra da noi, compra anche la cultura che sta dietro al prodotto. Siamo contrari alla moda mordi e fuggi”, racconta Ezio.
Parlando della sua terra dice "La Sicilia è stata fondamentale, se non fossimo spinti da questa voglia di riscatto quasi si svuoterebbe il progetto. Quasi 72mila giovani ogni anno lasciano la nostra regione per un futuro migliore. Ma il nostro futuro è qui: per crescere, senza allontanarci dalla nostra terra, dobbiamo uniformarci a certe caratteristiche del nostro territorio, dobbiamo ascoltare le ispirazioni che ci vengono proprio da lì".
"Noi non vogliamo svuotare la Sicilia delle sue icone ma vogliamo valorizzarle, vogliamo mettere la nostra terra, con la sua professionalità e le sue idee, al centro del progetto. Per questo abbiamo scelto di convogliare anche il reparto agricolo e di mettere sotto i riflettori l'agricoltura, che di solito viene trascurata. Vogliamo rendere la società partecipe del nostro progetto. Vogliamo provare a crescere insieme al nostro territorio".
E ai giovani siciliani dice: "Quello che faccio non è finalizzato ad un riscontro di carattere economico, ma è direttamente collegato al sogno di poter di cambiare il corso delle cose. Tanti, soprattutto tra i più giovani, oggi sono rassegnati: continuano a ripetersi che non ci sono condizioni per crescere, che non c'è alcun modo per avere successo. Nel nostro territorio invece c'è tutto: ci sono le materie prime, facciamo impresa col sole. Certo, c'è qualche intoppo a livello burocratico e alcune mancanze ma non possono essere queste delle giustificazioni valide per far morire una terra. Dobbiamo cercare di riprendercela perché il futuro siamo noi, la responsabilità ora è nostra. Dobbiamo smetterla di rimuginare sul passato e provare a fare, provare a fallire, dobbiamo farci carico del nostro futuro".
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