Fa discutere “l’offerta” di lavoro proposta da Carpisa, azienda che vanta più di 600 punti vendita in franchising in tutto il mondo.
Se vuoi diventare un dipendente Carpisa devi prima acquistare una borsa. Un vero e proprio affare per l’azienda che così venderà migliaia di borse alle candidate a un posto da stagista per un mese all’ufficio marketing di Napoli. Per partecipare, bisogna avere meno di 30 anni, acquistare una borsa della nuova collezione, inviare il codice stampato sullo scontrino e un brillante piano di comunicazione per il marchio elaborato da ciascuna delle candidate.
Non è la prima volta che le aziende optano per questo tipo di approccio. A Cagliari, nel 2009, con 30 euro di spesa alla Despar e in altri supermercati della catena si partecipava all’estrazione di un contratto di lavoro da addetto al banco frigo, cassiere, magazziniere. Un salumificio di Piacenza si impegnava ad assumere il vincitore della tombola. Tutti con contratti di un anno.
Insomma i tempi sono cambiati e nel corso degli anni il lavoro gratuito e sottopagato è stato legalizzato e anzi incentivato da alcune leggi: alternanza-scuola lavoro, lavori socialmente utili imposti ai richiedenti asilo, i voucher che hanno condannato 1,4 milioni di lavoratori a percepire in media un compenso inferiore ai 500 euro all’anno, gli stage che il più delle volte non fanno altro che mettere il lavoratore nella condizione di essere sfruttato il più possibile senza che poi ne derivi una reale crescita personale e professionale.
Stagisti pagati poche centinaia di euro al mese per svolgere, nella maggior parte dei casi, le stesse mansioni che una volta avrebbe svolto un lavoratore dipendente, le stesse mansioni per le quali, una volta, l’azienda era tenuta a pagare uno stipendio. In cinque anni il numero degli stagisti è aumentato del 116 per cento. Quasi nessuno viene poi assunto (meno di uno su 10) quasi tutti sostituiti da un nuovo stagista.
Insomma, nessuno sembra voler fermare questo “sfruttamento retribuito” e anzi il governo stesso ha deciso di andare incontro alle richieste di Confindustria mantenendo la retribuzione minima per lo stage a soli 300 euro al mese e raddoppiando la durata massima a un anno.
Ma dopotutto i disoccupati che alternativa hanno? Preferiscono contratti mensili di poche centinaia di euro pur di portare a casa un misero stipendio. E sono disposti ad acquistare una borsa pur di tentare la sorte con la speranza di essere tra i pochi “privilegiati” che otterranno lo stage di un mese con Carpisa.
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