Che la crisi avesse inferto un durissimo colpo alle famiglie si sapeva già, ma quando si analizzano i numeri si capisce veramente quale sia la reale condizione del nostro Paese. A Palermo questi dati sono stati analizzati e illustrati durante un vertice della Cgil al quale era presente anche Susanna Camusso.
Il risultato è lo specchio di un'economia fragile, dall'equilibrio labile e dagli impulsi flebili. A far preoccupare è soprattutto il numero dei disoccupati. Stiamo parlando di cifre davvero considerevoli, infatti si è passati da un già triste 16,9% di tasso di disoccupazione in città al 23,3%. In altre parole, ci si trova a dover fronteggiare ben 95 mila disoccupati rispetto ai 74 mila registrati in precedenza.
Il lavoro è in forte calo in Sicilia e a Palermo in particolare, le grandi industrie abbandonano il territorio per spostarsi nell'est, dove la mano d'opera è meno cara e, soprattutto, il peso delle tasse è minore. Le imprese piccole e medie chiudono. Ci si pone dunque parecchi punti di domanda, primo fra tutti come sia possibile, in queste condizioni, crearsi una famiglia. Il sentimento comune, che poi viene percepito un po' in tutto il sud, ma in realtà ormai vale per tutta la penisola, è quello di sentirsi abbandonati dallo Stato e dalle istituzioni in genere. Ma non solo, abbandonati proprio da quelle aziende che prima ti davano il lavoro e ti tendevano la mano e che oggi, proprio oggi in cui tutti ci dovremmo dare una mano, tagliano per primi proprio i posti di lavoro al sud.
Il risultato è che molti non riescono proprio ad andare avanti, i più temerari cercano, qualora sia possibile, di richiedere prestiti personali senza busta paga se non hanno un reddito o un contratto di lavoro (leggi tutto su www.zonaprestiti.com/senza-busta-paga-garante.htm). Molti altri fanno affidamento sugli aiuti della famiglia d'origine, laddove anche questa non sia pesantemente colpita da questa situazione. E intanto assistere al rapido smantellamento di tutte quelle imprese e aziende, un tempo produttive e fautrici di speranze, è di una tristezza sconsolante, il tutto mentre prende corpo il comparto di una classe nuova di lavoratori precari, di operatori di call center troppo spesso sfruttati e con uno stipendio talmente esiguo da non potersi certo permettere il "lusso" di mettere su famiglia.
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