Dal 2015 al 2017 il Pil della Sicilia è cresciuto del 3,6 per cento, in assoluto un incremento contenuto ma che segnala che siamo usciti da una crisi paragonabile ad una guerra. È questo uno dei principali elementi che emergono dal 46° Report Sicilia, il Rapporto sull’economia siciliana del Diste Consulting, dal titolo “Andiamo a cominciare, la guerra è finita! Costruiamo dalle macerie”.
Stando allo studio condotto dal Diste, il 2016 si sarebbe chiuso per l’economia siciliana con un incremento del PIL intorno all’1,0%, per la seconda volta di fila meno anemico del dato dell’Italia (+0,8%). Purtroppo, va sottolineato, che il numero delle famiglie residenti che vivono di stenti, quindi in condizioni di povertà relativa, si aggirerebbe attorno a 500 mila unità, mentre il rischio di povertà o esclusione sociale incombe ormai sulla metà della popolazione.
Positivi anche gli andamenti dell’occupazione che, secondo il Report, nei tre anni è cresciuta del 2,7 per cento, in assoluto dal 2015 con un saldo di 20.590 addetti. Anche se il tasso di disoccupazione per i noti effetti statistici dovuti all’ingresso di nuove persone nel mercato del lavoro è aumentato fino al 22 per cento.
“L’incremento netto degli 8 mila occupati – osserva Alessandro
Si stima che negli ultimi otto anni l’industria abbia eliminato circa 30 mila lavoratori, le costruzioni altri 60 mila e l’agricoltura quasi 25 mila; i servizi avrebbero invece limitato la perdita a meno di 7 mila unità”.
“Abbiamo bisogno di ricerca tecnologica - ha spiegato il professore Sebastiano Bavetta - e di abbattimento dei costi legati all’attività svolta nel territorio, costi amministrativi e fiscali. L’Università ha un ruolo chiave e ha l’obbligo di entrare nel territorio in maniera intensa ed utile creando collaborazioni in grado di produrre valore. Ma serve anche innovazione di processo nel rapporto con gli enti locali”, ha aggiunto Bavetta. Che poi ha puntato il dito sui costi, in particolare sulle “aliquote fiscali altissime” e sulla “macchina amministrativa che non è strutturata per produrre i risultati che i cittadini si aspettano. Servono – ha sottolineato bavetta – regole più semplici, più chiare, più precise per gli imprenditori”.
La domanda di lavoro manterrà una sostanziale stabilità, con nuove flessioni in agricoltura e nelle costruzioni bilanciate dagli aumenti attesi per l’industria e i servizi. Il tasso di disoccupazione dovrebbe salire al 22,5%, anche perché l’urgenza d’integrare i magri bilanci familiari indurrà un discreto numero di inoccupati a entrare nel mercato del lavoro per cercare attivamente un impiego.
Saranno fiacchi i consumi delle famiglie: il 2017 dovrebbe chiudersi, secondo le previsioni con un +0,6%, lievemente inferiore all’anno passato, dovuto al ristagno dell’occupazione e del reddito disponibile, al progressivo rincaro dei prodotti energetici e al contenimento del potere d’acquisto.
“Abbiamo trovato un disastro e ora
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