Prende forma la proposta del governo per garantire ai giovani che andranno in pensione integralmente con il sistema contributivo una rete di sicurezza che garantisca loro un assegno minimo da 600-620 euro, in caso i contributi versati non siano sufficienti a raggiungere questa soglia, e la possibilità di andare in pensione a 63 anni e 7 mesi seppur con contribuzioni più alte.
È quanto ipotizzato dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti, al tavolo con i sindacati che si è svolto oggi al ministero sulla cosiddetta fase due della previdenza. Alle regole attuali i giovani potrebbero lasciare il lavoro una volta raggiunta l'età pensionabile solo in caso nel caso abbiano maturato una pensione pari a 1,5 volte l'assegno sociale; l'idea è quella di abbassarla a 1,2 volte.
Il tema però potrebbe non essere in cima all'agenda del governo. "Non è un problema urgente - ha spiegato Leonardi - va discusso e affrontato ma non è un punto urgente all'ordine del giorno perché riguarda giovani che andranno in pensione tra 20 anni". Dal canto suo, Poletti ha ribadito: "Il tema è all'ordine del giorno, è in discussione e continueremo a discuterlo ma il problema non si configura domani mattina".
Pochi passi avanti invece sugli altri dossier aperti in tema previdenziale, a partire dalla possibilità di rivedere l'adeguamento dell'età pensionabile all'aumento dell'aspettativa di vita. "Vorremmo sottolineare la molta ampia reticenza del governo, usando un eufemismo, a dire che il tema dell'aspettativa di vita sia all'ordine del giorno", ha detto il leader della Cgil, Susanna Camusso. "Siamo insoddisfatti delle risposte date", ha aggiunto. "Abbiamo ribadito - ha proseguito - che per noi è un punto di giudizio fondamentale. Diciamo no al doppio automatismo per l'aspettativa di vita presente nel nostro sistema pensionistico".
Fonte: Repubblica
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