Un quadro socio-economico drammatico. È la fotografia della nostra Isola scattata dal report “Economia della Sicilia” di Bankitalia, illustrato oggi nella sede palermitana della Banca d’Italia. Un dato su tutti: nel 2013 nell’Isola sono andati in fumo 73mila posti di lavoro, che diventano 160mila se si considera il periodo compreso tra il 2008 e il 2013.
Il settore che ha risentito maggiormente di queste perdite è stato quello dell’edilizia (-9,6%), seguito da quello dei servizi (-4,5%, in particolare addetti amministrazione pubblica e difesa e comparto istruzione e sanità), ma anche l’industria in senso stretto (-2,9%).
A questo quadro va poi aggiunto il tasso di disoccupazione, cresciuto del 2,4% (totale 21%, dato superiore a quello del Mezzogiorno e dell’Italia).
E sono stati i giovani, in particolare quelli con bassa istruzione, a fare le spese di questa diminuzione dei posti di lavoro, ai quali si sono aggiunti anche gli over50 in possesso di laurea. Altissimo è poi il dato dei “neet”, ovvero chi non studia e non lavora, che ha raggiunto il 42,7%.
Per quanto riguarda il Pil, la Banca d’Italia evidenzia che, per il sesto anno consecutivo, la Sicilia non è riuscita ad uscire dalla recessione, registrando un -2,5%.
La domanda estera, al netto delle produzioni petrolifere, è cresciuta, anche se a ritmi inferiori rispetto al 2012, trainata dai comparti dell’elettronica e della chimica.
Relativamente agli scambi con l’estero, da una parte le esportazioni si sono ridotte del 14,8%, ma la domanda è cresciuta del 6,8%, grazie al traino dei comparti dell’elettronica e della chimica, le cui vendite sono aumentate del 12,9% e del 7,5%.
Per quanto riguarda il settore dei servizi e del terziario, il valore aggiunto in Sicilia è sceso per il terzo anno consecutivo, mentre migliora il settore privato.
Riguardo al turismo, poi, i dati forniti da Banca d’Italia parlano di una domanda dall’interno ridottasi del 9,7%, a fronte di un aumento degli stranieri del 14%. Segnali incoraggianti, ma lontani dall’essere pienamente di ripresa, arrivano dal mercato del credito. In questo caso le banche appaiono un po’ meno rigide e pessimiste, e si avverte un certo risveglio tra gli operatori.
I prestiti alle famiglie sono diminuiti dell’1,8%, quelli alle imprese del 2,6%, (3,6% se si aggiungono quelli delle società finanziarie) e calano anche i mutui, anche se segni positivi si colgono dalle nuove erogazioni e il calo sembra essersi esaurito.
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