La Sicilia è la meta preferita delle arance di tutto il mondo. Agrumi che diventano isolani e che nulla hanno a che vedere con una produzione unica, che si vende a meno di 10 centesimi al chilo, che sta marcendo sugli alberi e che l’industria non compra per i succhi, preferendo acquistare il prodotto straniero.
A lanciare l’allarme sono il presidente e il direttore della Coldiretti siciliana, Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione, commentando l’esito negativo di un incontro del tavolo agrumicolo che si è svolto stamattina a Catania all’ispettorato agrario, alla presenza di industriali, cooperative e organizzazioni di produttori.
Una riunione che era stata convocata nel tentativo di trovare un accordo di filiera che potesse garantire le imprese agricole.
“A questo punto bisogna dirlo chiaramente - aggiungono i rappresentanti di Coldiretti -: si mangiano arance e si bevono succhi che di siciliano non hanno niente visto che i nostri agrumi non vengono acquistati. Preferire prodotti non tracciati è un atto scellerato che sta mettendo in ginocchio la nostra produzione. In tutto il mondo si provano gli effetti salutari delle arance siciliane e noi che le abbiamo le lasciamo marcire sugli alberi. Di fronte a una produzione così deprezzata bisognerebbe trovare una soluzione di tutti gli attori della filiera. Ma è una filiera che non esiste visto che parte degli invitati diserta le riunioni e tra quelli presenti non si è raggiunto l’accordo”.
Visto lo stato delle cose, la Coldiretti ha chiesto la “dichiarazione dello stato di crisi” al presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, e all’assessore all’Agricoltura, Dario Cartabellotta, al fine di cercare di salvare il comparto su cui pesano, come sottolinea l’organizzazione agricola, “gli accordi internazionali degli anni scorsi che hanno determinato l’entrata del prodotto e che stanno avendo effetti devastanti per le nostre campagne”.
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