Marco Patuano rimane l’amministratore delegato di Telecom. A deciderlo è stato il vertice aziendale tenutosi ieri. La proposta di rimuover Patuano era stata avanzata dal socio Marco Fossati, ma non si è raggiunta la maggioranza. I nomi proposti, Stefania Bariatti e Angelo Tantazzi, vengono dunque bocciati ma rimangono nella probabile rosa del consiglio (al cui vertice resterà fino al 2014 Aldo Minucci). Inoltre, non essendo stata approvata la revoca, l’assemblea ora passerà a votare la sostituzione nel board dei posti lasciati liberi da Franco Bernabè e Elio Catania.
Fossati, che con Findim detiene il 5% dell’azienda, ha evidenziato come la delibera avvenga in un contesto di conflitto di interessi proprio per questo, alla prossima assemblea degli azionisti, chiederanno un cambio dello statuto per dare voce in capitolo anche ai piccoli azionisti. Dal momento che ancora non esistono leggi in materia di offerta pubblica d’acquisto né sulle reti strategiche, Telecom va avanti secondo il piano industriale 2014-2016 descritto da Patuano agli investitori lo scorso 8 novembre. Intanto Telco, la holding che custodisce il 22,4% di Telecom, diventa sempre più spagnola. Di conseguenza, cambiando la struttura societaria cambia anche quella finanziaria (e di fatto il controllo di Telecom Italia) e a beneficiare di ciò saranno proprio i maggiori azionisti italiani. In pratica Telefonica giova dalle perdite di Telecom, ma questi giochi finanziari non sono del tutto imprevisti e i soci di minoranza lo sanno bene. Difficile quindi immaginare che il progetto di Fossati finalizzato all’internazionalizzazione della società e di sviluppo della rete attraverso la Cassa Depositi e Prestiti e il fondo F2i di Vito Gamberale possa, in qualche modo, essere preso in considerazione, nonostante il premier Enrico Letta abbia assicurato che il governo farà quanto in suo potere per aiutare la compagnia. “Il governo non parteggia per nessuno dei giocatori in campo e ritengo che nemmeno il Parlamento debba fare norme che favoriscano uno o l’altro”, ha dichiarato il premier, sottolineando però che l’esecutivo vigilerà affinché gli investimenti sulla rete siano i più ingenti possibili. Investimenti che del resto Telecom da sola non potrebbe affrontare perché appesantita da 29 miliardi debiti. Proprio per questo motivo Mediobanca è pronta a lavarsi le mani: o si trova un accordo per un’offerta vantaggiosa o dà disdetta al patto di Telco a fine mese per poi cedere la propria quota. Intanto Cade, l’autorità di vigilanza brasiliana, sulla base dell’aumento di peso degli spagnoli in Telecom, ha dato 18 mesi di tempo a Telefonica per ridimensionare la propria presenza sul mercato locale. Ciò, condurrà certamente a dei matrimoni finanziari con filiali estere. Intanto la procura di Roma, su segnalazione della Consob e dopo aver sentito l’ex presidente Telecom Franco Bernabé, ha formulato l’ipotesi di reato di “ostacolo all’attività di vigilanza”: le autorità si stanno già muovendo sull’ipotesi di un’intesa occulta tra i maggiori azionisti di Telecom per favorire l’ascesa di Telefonica sfuggendo ai controlli dell’autorità di vigilanza sui mercati. Intanto i sindacalisti, dal canto loro, chiedendo al governo di aprire un tavolo con Telefonica per discutere del futuro dell’azienda: sono preoccupati del futuro degli oltre 54mila dipendenti italiani. Tuttavia la richiesta di un tavolo di negoziazione è già stata rinviata al mittente dal viceministro allo Sviluppo con delega alle telecomunicazioni, Antonio Catricalà. “E’ eccessivo coinvolgere il premier – aveva dichiarato lo scorso 4 dicembre Catricalà – Non c’è un problema di tavolo di crisi”. Ma è un fatto che, come Telecom, anche Telefonica è molto indebitata (45 miliardi). Ed è quindi legittimo prevedere ristrutturazioni piuttosto che nuovi investimenti.
Fonte: palermomania.it
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