Un grande prato verde, dove corrono a perdifiato, dietro un pallone, ventidue ragazzi di colore; come pali della porta canne conficcate nel terreno, attraverso le quali cercare di far gol. Un fotogramma che sembrerebbe ritrarre una normale giornata all’insegna del divertimento a Lagos in Nigeria o a ad Accra in Ghana, e invece, alzato lo sguardo un po’ più sù, la maestà del Monte Pellegrino ti suggerisce che la location è Palermo, Parco Case Rocca, quello ubicato a fianco dello Stadio delle Palme.
Come in tutte le città italiane, che negli ultimi tempi hanno dovuto fare i conti con il fenomeno dell’immigrazione, anche il Capoluogo siciliano ha dovuto azionare la macchina dell’accoglienza, che nel suo territorio vanta Centri Caritas, Missioni, Associazioni, Opere Pie, Asili e Cooperative, concentrate non solo nella zona del centro storico ma anche nelle periferie a sud est e a nord ovest dell’area urbana. Questo è l’ “Ombelico del mondo” cantava in un suo celebre pezzo Jovanotti, che durante un concerto di qualche anno fa al Foro Italico, rivolgendosi alla folla aggiungeva: ‘la geografia vi pone al centro del Mediterraneo: se non siete voi ad abitare nell’ombelico del mondo chi altri?” E i palermitani, dalla notte dei tempi abituati a convivere gomito a gomito con gente proveniente dai più disparati luoghi del pianeta, coerentemente con il loro spirito votato all’ospitalità e alla pacifica convivenza, non sembrano mostrare particolari segni di insofferenza di fronte ad una situazione che, almeno per adesso, al contrario di quanto avviene presso altre grandi città dello stivale, sembra essere sotto controllo.
Ma sono davvero tutti a pensarla allo stesso modo? Giuseppe D., amante dello jogging e, ci tiene ad aggiungere, ex maratoneta a livello amatoriale, durante una sosta dedicata allo stretching muscolare tiene a precisare: “figurarsi se il problema è l’accoglienza o il colore della pelle, discorsi obsoleti che appartengono a gente che ragiona coi paraocchi; ciò che mi inquieta è semmai vedere questi poveri giovani stranieri aggiungersi alle migliaia di ragazzi palermitani senza lavoro. Il rischio, nel tempo, è quello di creare una vera e propria bomba sociale difficile da controllare”. Un discorso che non fa una grinza, al quale fa eco quello di Loredana e Mario, fidanzati anch’essi habituè della bella area attrezzata ai margini del Parco della Favorita: “credeteci, ci fa piacere vedere questi giovani africani intenti a fare sport, e poi, a dirla tutta sono anche bravi a giocare a calcio. Il mondo è cambiato e scene del genere faranno sempre più parte del nostro vivere quotidiano. L’importante, come in tutte le cose è non esagerare, nel senso di capire quanto un posto, per disponibilità lavorativa e sociale in genere, è in grado di sopportare una pressione migratoria”. Paolo invece, sportivo diciamo…stagionato, memore della sua infanzia si lascia prendere dalla nostalgia: “ecco…lo vedi come è andata a finire? Ai miei tempi, avessimo avuto la disponibilità di un prato del genere, io e i miei amici avremmo trascorso tutta la giornata a rincorrere il pallone. Oggi i nostri giovani preferiscono stare h24 con gli occhi puntati sul cellulare. Ecco spiegato perché gli altri vanno ai mondiali e la nostra Italia resta a casa!”
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