Non è certo casuale che Nanni Moretti, per aprire il suo Torino Film Festival, abbia scelto The Savages di Tamara Jenkins, un bellissimo film su un tema così poco hollywoodiano come la vecchiaia e già visto al Sundance Festival, il festival di cinema indipendente di Robert Redford di cui il Tff sembra essere la versione europea.
Un film amaro, duro eppur graffiante e ironico, che uscirà a giorni in America e in primavera in Italia. "Non volevo certo far piangere - ha detto la regista a Torino, tailleur nero a pantaloni, labbra rosso fuoco, modi gentili e il jet lag stagliato sui profondi occhi - ma raccontare la storia di una famiglia, in particolare di due fratelli che si trovano a combattere, dal giorno alla notte, con l' avventura di un padre malato e morente. Mi interessava non fare analisi sociale, anche se è chiaro come questa società si rifiuti di guardare in faccia cose come la morte, la vecchiaia, la crisi delle famiglie e la solitudine imperante, ma disegnare degli individui e i loro meccanismi di reazioni di fronte alle mutazioni".
E in questo Tamara Jenkins, nota negli Usa per l'umorismo e l'umanità del suo film precedente L'altra faccia di Beverly Hills, c'é riuscita: i due protagonisti, i fratelli Jon (Philipe Seymour Hoffman, Golden Globe per Truman Capote: a sangue freddo e interprete di Ritorno a Cold Mountain) e Wendy Savage (una Laura Linney da Oscar, recentemente vista in L'uomo dell'anno a fianco di Robin Williams e Christopher Walken) sono perfettamente tagliati. "Sono due persone che fanno un viaggio nella malattia e ne escono diversi - ha detto la regista - al di là di ogni stereotipo sulla morte e sulla vecchiaia. Si devono occupare di un padre malato e solo che non li ha molto amati nella vita. E nella ricerca di una casa di cura per lui e del tempo per accudirlo ritrovano se stessi".
Il finale è energetico e solare, se così si può dire: "potevo fare finire il film con loro due che andavano ad ubriacarsi in un pub - ha detto la Jenkins - ma invece ho raccontato il loro rinnovamento dopo un pieno affondo nella vita vera. Ed è questo che ho cercato di spiegare ai produttori quando bussavo alle loro porte per cercare finanziamenti, senza trovarli. Mi dicevano che ero matta a pensare che la gente sarebbe andata a vedere un film sulla morte e sulla vita di un vecchio e pure povero. Poi si sono messi sulla mia strada produttori come Alexander Payne e Jim Burke e finalmente le porte si sono aperte". Ma Tamara Jenkins, che si dice molto onorata di essere stata chiamata ad inaugurare il Festival di Moretti e quindi inserita in un programma che vede tra i protagonisti maestri come Wenders e Cassavetes, non nega certo che "fare cinema indipendente, oggi in America sia ancora molto molto difficile". "E questo anche se se si continua a dire che Hollywood è in crisi. Ma non importa, sono ancora poche per le persone, i produttori, i distributori che credono si possano fare percorsi diversi".
The Savages, distribuito da Twentieth Century Fox, è solo uno dei titoli di questo festival sul tema della vecchiaia che, come ha sottolineato Emanuela Martini, collaboratrice di Moretti, "é un tema ricorrente come anche il precariato, le difficoltà del mondo del lavoro e della vita familiare". In concorso, per esempio, c'é anche "Away from here", di Sarah Polley, prodotto da Atom Egoyan, tratto da un racconto di Alice Munro e interpretato da una smagliante Julie Christie, in programma lunedì prossimo.