Anche le attrici italiani hanno “smesso di avere paura” e si sono unite al coro di voci che nell’ultimo anno ha finalmente puntato i riflettori sulla terribile verità riguardo alle molestie e alle violenze, non solo nel mondo dello spettacolo ma in qualsiasi ambito della vita quotidiana. E così che hanno deciso di dare vita a un manifesto chiamato “Dissenso Comune”.
Il 2017 verrà sicuramente ricordato come un anno particolarmente importante per l’emancipazione delle donne e per la lotta alle discriminazioni di genere. Complici di questo importante cambiamento sono state le numerose denunce contro uno dei più importanti produttori cinematografici del mondo, Harvey Weinstein. A puntare i riflettori su di lui è stata anche un’inchiesta del New York Times, firmata dalle due giornaliste Jodi Kantor e Megan Twoheye.
Tantissime attrici hanno deciso di rompere il silenzio e denunciare gli abusi e le violenze subite nel corso degli anni da uomini potenti come Weinstein. Sull’onda di questo movimento, tantissime altre donne hanno iniziato a trovare il coraggio di parlare e raccontare le loro esperienze di molestie, abusi e violenze sul posto di lavoro e in qualsiasi altro contesto. E questo coro di voci non si è esaurito nel giro di qualche mese ma ha dato vita ad un vero e proprio movimento, MeToo, da cui a sua volta si è sviluppata Time’s Up, ovvero un’organizzazione, voluta da più di 300 donne appartenenti al mondo dello spettacolo statunitense, per combattere molestie e violenze, anche per chi non ha la voce e i mezzi economici per farlo. La grandiosa portata del movimento MeToo è stata talmente importante che il Times lo ha incoronato persona dell’anno 2017.
Ma non tutti hanno accolto con entusiasmo la nascita di questo movimento a favore delle donne vittime di violenza, come per esempio Catherine Deneuve e altre attrici francesi, che hanno pubblicato una lettera su Le Monde, difendendo “la libertà degli uomini di importunare le donne, che è fondamentale per la libertà sessuale”.
In Italia la prima a denunciare le molestie nel mondo dello spettacolo è stata Asia Argento, che in un’intervista al New Yorker ha denunciato le molestie subite da Weinstein alla fine degli anni ’90, quando aveva 12 anni. Asia Argento però si è vista piombare addosso numerose critiche e attacchi spesso violenti nei suoi confronti. E lo stesso è successo ad altre attrici italiane che hanno avuto il coraggio di raccontare le loro esperienze. Ma questo, per fortuna, non sembra averle scoraggiate, e pochi giorni fa 124 attrici, registe e produttrici italiane hanno firmato un manifesto intitolato “Il Dissenso Comune”. Tra le firmatarie figurano Valeria Golino, Giovanna Mezzogiorno, Jasmine Trinca, Cristina e Francesca Comencini, Alba Rohrwacher, che finalmente hanno fatto sentire anche la voce dell’Italia nel dibattito internazionale. La pubblicazione di questo documento rappresenta un passo molto importante: solo insieme si può combattere una forma mentis socialmente e culturalmente così radicata. Una lettera “dalle donne dello spettacolo a tutte le donne. Unite per una riscrittura degli spazi di lavoro e per una società che rifletta un nuovo equilibrio tra donne e uomini".
Ecco cosa dice:
“Da qualche mese a questa parte, a partire dal caso Weinstein, in molti paesi le attrici, le operatrici dello spettacolo hanno preso parola e hanno iniziato a rivelare una verità così ordinaria da essere agghiacciante. Questo documento non è solo un atto di solidarietà nei confronti di tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare in Italia e che per questo sono state attaccate, vessate, querelate, ma un atto dovuto di testimonianza… Noi vi ringraziamo perché sappiamo che quello che ognuna di voi dice è vero e lo sappiamo perché è successo a tutte noi con modi e forme diverse. Noi vi sosteniamo e sosterremo in futuro voi e quante sceglieranno di raccontare la loro esperienza.
Quando si parla di molestie quello che si tenta di fare è, in primo luogo, circoscrivere il problema a un singolo molestatore che viene patologizzato e funge da capro espiatorio. Si crea una momentanea ondata di sdegno che riguarda un singolo regista, produttore, magistrato, medico, un singolo uomo di potere insomma. Non appena l’ondata di sdegno si placa, il buonsenso comune inizia a interrogarsi sulla veridicità di quanto hanno detto le “molestate” e inizia a farsi delle domande su chi siano, come si comportino, che interesse le abbia portate a parlare. Il buon senso comune inizia a interrogarsi sul libero e sano gioco della seduzione e sui chiari meriti artistici, professionali o commerciali del molestatore che alla lunga verrà reinserito nel sistema. Così facendo questa macchina della rimozione vorrebbe zittirci e farci pensare due volte prima di aprire bocca, specialmente se certe cose sono accadute in passato e quindi non valgono più.
Insomma, che non si perda altro tempo a domandarci della veridicità delle parole delle molestate: mettiamole subito in galera, se non in galera al confino, se non al confino in convento, se non in convento almeno teniamole chiuse in casa. Questo e solo questo le farà smettere di parlare!
Ma parlare è svelare come la molestia sessuale sia riprodotta da un’istituzione. Come questa diventi cultura, buonsenso, un insieme di pratiche che noi dovremmo accettare perché questo è il modo in cui le cose sono sempre state, e sempre saranno. La scelta davanti alla quale ogni donna è posta sul luogo di lavoro è: “Abituati o esci dal sistema”. Non è la gogna mediatica che ci interessa. Il nostro non è e non sarà mai un discorso moralista. La molestia sessuale non ha niente a che fare con il “gioco della seduzione”. Noi conosciamo il nostro piacere, il confine tra desiderio e abuso, libertà e violenza.
Perché il cinema? Perché le attrici? Per due ragioni. La prima è che il corpo dell’attrice è un corpo che incarna il desiderio collettivo, e poiché in questo sistema il desiderio collettivo è il desiderio maschile, il buonsenso comune vede in loro creature narcisiste, volubili e vanesie, disposte a usare il loro corpo come merce di scambio pur di apparire. Le attrici in quanto corpi pubblicamente esposti smascherano un sistema che va oltre il nostro specifico mondo ma riguarda tutte le donne negli spazi di lavoro e non.
La seconda ragione per cui questo atto di accusa parte dalle attrici è perché loro hanno la forza di poter parlare, la loro visibilità è la nostra cassa di risonanza. Le attrici hanno il merito e il dovere di farsi portavoce di questa battaglia per tutte quelle donne che vivono la medesima condizione sui posti di lavoro la cui parola non ha la stessa voce o forza.
La molestia sessuale è fenomeno trasversale. È sistema appunto. È parte di un assetto sotto gli occhi di tutti, quello che contempla l’assoluta maggioranza maschile nei luoghi di potere, la differenza di compenso a parità di incarico, la sessualizzazione costante e permanente degli spazi lavorativi. La disuguaglianza di genere negli spazi di lavoro rende le donne, tutte le donne, a rischio di molestia poiché sottoposte sempre a un implicito ricatto. Succede alla segretaria, all’operaia, all’immigrata, alla studentessa, alla specializzanda, alla collaboratrice domestica. Succede a tutte.
Nominare la molestia sessuale come un sistema, e non come la patologia di un singolo, significa minacciare la reputazione di questa cultura .
Noi non siamo le vittime di questo sistema ma siamo quelle che adesso hanno la forza per smascherarlo e ribaltarlo. Noi non puntiamo il dito solo contro un singolo “molestatore”. Noi contestiamo l’intero sistema. Questo è il tempo in cui noi abbiamo smesso di avere paura”.
Ma Asia Argento sembra non aver gradito molto questa presa di posizione delle sue colleghe, accusandole di aver scritto "una letterina di Babbo Natale". In particolare Asia attacca la scelta delle donne dello spettacolo italiane di non fare nomi. "Contestano l'intero sistema - scrive - ma si guardano bene dal fare nomi". "È tutto annacquato - sottolinea l'attrice -, non si capisce neanche cosa vogliono dire. È soltanto un modo per pulirsi la coscienza rispetto al silenzio in cui ci hanno avvolte". Asia racconta di essere stata contattata dalle colleghe per sottoscrivere il documento. L'attrice dice di aver chiesto che fosse coinvolta anche Miriana Trevisan, che ha denunciato di aver subito molestie da parte di Giuseppe Tornatore e che, come Asia, si è schierata contro la lettera manifesto. Nonostante la sua richiesta però Miriana "non è stata contattata fino a un paio di giorni fa. Forse - sottolinea Asia - non la reputavano alla loro altezza". "Però - attacca - hanno fatto firmare Cristiana Capotondi che ha difeso Fausto Brizzi".
Riguardo ai contenuti della lettera manifesto, l'attrice spiega: "Ho comunicato il mio dissenso per una cosa troppo annacquata. Ho chiesto di specificare i nostri nomi. Non si può parlare di ‘colleghe italiane’, non si può dire ‘anche noi abbiamo vissuto’ e poi non dire di chi si sta parlando". Poi attacca: "Non ho mai ricevuto un sms di sostegno da parte delle attrici e alcune di loro, quando le ho incontrate, si sono voltate dall’altra parte".
Al di là delle contestazioni, il manifesto rappresenta un importante passo avanti nell’emancipazione femminile in Italia, dove spesso il victim blaming emerge in tutta la sua durezza e le vittime di violenza anziché trovare conforto, si ritrovano contro un muro di indifferenza e spesso anche di accuse. Finalmente anche in Italia si sta creando una presa di posizione su larga scala, un fronte comune, pronto a combattere contro un sistema che ancora non si rende conto che gli unici colpevoli delle violenze sono chi le compie e non chi le subisce.
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