Questo penserà la maggioranza di coloro che vorranno scorrere almeno il titolo di questa mia riflessione. Eppure la espongo lo stesso, per dovere verso una tragedia umanitaria e perché ritengo che la "battaglia di Aleppo" abbia un’importanza fondamentale sugli scenari futuri. Non solo per la martoriata Siria ma pure per tutto il Medio Oriente, la Turchia, la Russia e l'Europa mediterranea, ovvero pure l'Italia.
Quella che era una delle più belle e antiche città del mondo, patrimonio Unesco dell’umanità, è oggi un infernale girone dantesco ancor peggiore della Stalingrado dell’ultimo conflitto mondiale.
Peggiore perché la popolazione, "intrappolata" in quartieri sventrati e fantasma, supera le diverse centinaia di migliaia di unità, donne e bambini in testa. Ostaggi voluti sia dai cosiddetti "ribelli" sia dai governativi di Assad.
E qui iniziano le valutazioni "politiche" di cui in premessa. L'unico governo legittimo siriano è quello del presidente Assad, rappresentato tutt'ora all'Onu e in tutti i congressi internazionali. Dal 2011 gli Stati Uniti, sull'onda delle "primavere arabe", tentano di rovesciare Assad con tutti i mezzi. Per "esportare la democrazia" a Damasco si sono ritrovati "in famiglia" la Nato, l’Unione europea, la Turchia, l'Arabia Saudita, gli Emirati e tantissima altra gente tra cui, di fatto, Al Baghdadi con lo Stato Islamico e pure Al Qaeda con Al Nusra.
Pensavano tutti che il governo (regime per gli occidentali crociati a stelle e strisce) cadesse in quattro giorni, magari bombardandolo in appoggio ai mercenari stranieri che, da mezzo mondo, erano entrati in Siria via Turchia per assumere le vesti di "ribelli siriani doc".
Sicuramente Assad era ed è malvisto da una parte della popolazione sunnita, quella fondamentalista e jihadista che vuole tornare al “Medioevo”. Faccio presente che la Siria è una repubblica laica e socialista (nazionale), multireligiosa e con esercito di leva, truppe che, in questi 5 anni, hanno resistito a tutto e a tutti, da sole prime, assieme agli alleati iraniani, hezbollah e palestinesi dopo, fin quando Putin ha deciso che non avrebbe ripetuto in Siria l'errore commesso in Libia con l'abbandono di Gheddafi nelle fauci degli americani.
Intervenuta pesantemente la Russia, l'esercito siriano (con alleati) ha riconquistato posizioni su posizioni: da Palmira alla stessa Damasco, ma per liberare il territorio nazionale mancano due città simbolo fondamentali: Raqqa e, appunto, Aleppo. Così la questione diventa quasi irrisolvibile.
Aleppo è divenuta un simbolo: per i "ribelli", per i governativi, per l'Onu, per gli Usa, la Russia, l’Iran, per Hezbollah, per la Turchia, per l'Arabia Saudita e per...Al Qaeda. Nessuno può rinunciarvi o consegnarla al “nemico”.Assad, l'unico pienamente legittimato dal diritto internazionale, senza Aleppo non potrà mai riottenere quella "unita territoriale" che cerca.
La Russia, che appoggia il presidente ma non invia truppe sul terreno, si rende conto di non poter assicurare la vittoria totale dei governativi. Gli Usa (e suoi alleati Nato ed islamici sunniti), se i #terroristifiloccidentali asserragliati in alcuni quartieri dovessero essere sconfitti, prenderebbe una scoppola strategica di portata storica che non saprebbe come gestire. Erdogan potrebbe pure rovesciare le alleanze e forse smettere di vitalizzare i terroristi. Per Teheran ed Hezbollah è vitale la riconquista della città e il consolidamento del legittimo governo siriano: si troverebbero presto sotto attacco in Iran e Libano qualora prevalessero i tagliagola jihadisti di Al Nusra.
E così via, come la "teoria del domino" di un caos disorganizzato che si estenderebbe presto ovunque. La Siria frantumata contagerebbe tutti i paesi dell'area: dalla Giordania alle repubbliche costiere africane, passando pure per Israele, Egitto e Libia. Tutto questo sempre a un'ora di volo dalle nostre coste. Magari siamo in ozio (meritato e piacevole o meno che sia), ma davvero ce ne possiamo fregare di Aleppo?
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