Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ieri ha espulso dall’aula i due senatori del M5S, Vincenzo Santangelo e Alberto Airola. Nei confronti di uno, con parole dure: "Se le dico di tacere lei deve tacere. Fuori. Ha la possibilità di rientrare se si scusa. Chi disturba va fuori. In quest'aula si deve poter parlare così come avete parlato ieri voi". Non mi riguardano i particolari dell’episodio – non ero presente – e non faccio riferimento agli uomini, ma alle Istituzioni. Credo, infatti, che di fronte alla seconda carica dello Stato bisogna, in certe circostanze, tacere, pur avendo, eventualmente, ragione. Tutti dovrebbero tacere, non è questione riguardante questo o quel partito, questo o quel parlamentare, come non è questione riguardante l’uomo Pietro Grasso. Se le tensioni arrivano a un punto di rottura, tacere è compito di chi non detiene la carica. Ci sono poi altri metodi per fare valere le proprie ragioni, come denunciare nelle sedi opportune e anche pubblicamente il comportamento ritenuto, a torto o a ragione, prevaricatore. E ciò dovrebbe costituire ferrea regola non solo per il Senato, la Camera o la Presidenza della Repubblica, ma anche per la famiglia, la scuola, il settore lavorativo. Quindi traggo solo spunto dall’episodio (non si allarmino i protagonisti, per rispetto dei quali, senatori e Presidente, non ho formulato opinioni adeguate) al fine di fare considerazioni che interessano tutta la società. Che non è più abituata al concetto di autorità. Il padre e la madre rimproverano? Proteste da parte dei figli. Docenti rimproverano? Proteste da parte di genitori e studenti. Datore di lavoro rimprovera? Proteste da parte dei dipendenti. Quando ero ragazzo bastava l’ammonimento di un anziano per tacere. Un estraneo aveva il potere di stigmatizzare certi comportamenti e invitare a modificarli. Sì, d’accordo, la società non è più quella degli anni ’50. Purtroppo, aggiungo. Si sono sviluppate nuove mode, che ritengo sbagliate. Per esempio, l’abolizione del titolo di “eccellenza”, ormai riservato soltanto a Vescovi e Arcivescovi (perché appartenenti a un Ente non statale). Da eccellenza si è passati al signor, dal signor al nulla. Di recente, ancora per esempio, si scrive e parla del Papa con un semplice Francesco. Francesco ha detto e Francesco ha fatto. Non credo che sia giusto. Non credo, soprattutto, che sia istruttivo. Un ragazzo cresce senza l’esatta dimensione dell’autorevolezza di un determinato personaggio. Ancora un tempo ci si rivolgeva ai genitori e ai nonni con il “voi”; al professore, al medico, al parroco o al maresciallo con “signor”, e così via. Sì, certo, ripeto: la società non è più quella degli anni ’50. E i mirabili risultati si vedono. Invece, di fronte a qualcuno o a qualcosa bisognerebbe fermarsi e, se necessario, fare un passo indietro. Pur avendo ragione. Esistono eccezioni, non sempre l’età avanzata, la preparazione e il grado corrispondono ad effettivo valore umano e culturale. In generale, però, il rispetto verso l’Autorità, cioè il potere legale di governare i comportamenti sociali, è base essenziale per progredire veramente, perlomeno dovrebbe. Non è solo questione di forma, ma di sostanza. Bisognerebbe avere la consapevolezza, cioè, che l’interlocutore con determinati requisiti rappresenta un certo limite. E tale consapevolezza dovrebbe essere acquisita fin dai primissimi anni. Tanti, troppi condizionali. Che testimoniano la fine di un periodo, di un ciclo sociale e storico, di un’epoca ritenuta obsoleta e bigotta. Potrebbe anche andarmi bene. Non vedo i risultati positivi, però, delle nuove tendenze. Adesso un ragazzino non solo ignora un richiamo, ma ti sfotte anche e, a volte, passa perfino a vie di fatto. Ad ogni modo, così vanno le cose e così continueranno ad andare. Fin dove? In tutta sincerità lo ignoro. Tuttavia non sono tranquillo.
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