Si sta verificando una situazione incresciosa e preoccupante. I gravi problemi riguardanti la vita economica e sociale attuale e futura si discutono in sede europea, mentre in Italia politici e politicanti si comportano come se di essi nulla li riguardi e procedono nel loro faccendismo preelettorale quasi che tutto fosse come prima. Insipienza? Cinismo? Forse l’una e l’altro, ma forse è che gioca nella mente dei politici italiani, la coscienza di vivere in una posizione di privilegio, per cui, qualunque cosa accada, essi ne uscirebbero comunque indenni o con poca spesa. Per cui la prima cosa da fare per rendere la nostra politica consapevole del ruolo che ormai l’Europa impone, sarebbe quella di intervenire drasticamente sugli stipendi, le prerogative o i benefici extra di cui attualmente godono parlamentari nazionali e regionali, nonché funzionari o manager e quanti vivono con varie voci in alto loco con onere pubblico. Sarebbe l’unico modo per far venire fuori una nuova classe politica disinteressata al privato e molto disponibile per la cosa pubblica: l’unico modo per finalmente mettere in soffitta i soliti noti, che per ora, con incredibile faccia tosta, si definiscono pure indispensabili (vedi la proposta del pacchetto di voti sicuro per gl’illustri, nella nuova legge elettorale).
Inoltre sarebbe opportuno cominciare a definire i limiti in cui è destinata a muoversi la politica nazionale, se, come è nell’ordine ineluttabile delle cose, dovrà affermarsi una gestione confederale europea, con organismi che escludano non poche prerogative di governo di ogni stato partecipe.
Ma temiamo che delle due cose nessuna al momento vada in agenda, per cui se Beppe Grillo avrà più di una ragione per le sue uscite beffarde, noi avremmo tutte le ragioni per pensare addirittura che andrebbe meglio un’Italia commissariata per un certo periodo, tanto quanto sia bastevole per varare una legge elettorale decente, seriamente democratica, e per tagliare appunto appannaggi e privilegi come sopra detto.
Evidentemente il nostro è solo un fischio di passione civile, a fronte della grave crisi epocale in cui versiamo, e siamo pure consapevoli che sarà un fischio inutile, giusta il saggio proverbio siciliano “quannu u sceccu un voli viviri ammatula ci frischi” ( quando l’asino non vuole bere è inutile che gli fischi). E i politici italiani sono “u sceccu ca nun voli viviri”, avvezzi come sono a mangiare ai quattro bocconi del privilegio.
Figuriamoci poi quelli siciliani. Da noi le elezioni sono più vicine e i giuochi dei big di partito si fanno più pressanti e più sorprendenti: i nomi e le accoppiate che si propongono nei tavoli delle pre- spartizioni dei posti, superano ogni amena supposizione; per cui ci si domanda che cosa può attendersi la Sicilia da questa nuova, infelice, tornata elettorale. Ascolteremo fiumi di parole, dichiarazioni di promesse risanatorie e innovatrici, qualcuna di bontà strappalacrime, come quella di rinunziare a fare all’amore, e tutte cadranno regolarmente su quintali di immondizia sparsi nelle principali città e centri dell’isola, nel degrado dei quartieri senza servizi, tra le torve minacciose di disoccupati, le losche mene mafiose di ogni tipo, evidenti o occulte, con il consueto attivismo dei clienti, che sogliono raccogliersi presso le segreterie di questo o di quel candidato, per accertarsi che si manterranno i benefici già in godimento o aver promessa di ottenerne altri. Perché in questo raccogliere clientes(= amici degli amici e galoppini vari) consiste la campagna elettorale in Sicilia.
Ovviamente, come al solito, saremo oggetto di avvicinamenti amichevoli dell’ultima ora e ammuccheremo in ogni dove manifestini e fac-simile di ogni tipo. Allora potremmo perlomeno tentare qualche invito all’onestà elettorale. Al candidato che ci si propone di votare potremmo chiedere che faccia pervenire a stretto giro di posta delle precise e concrete indicazioni su determinati temi.
Eccoli. Quali iniziative avrebbe in serbo per tutelare la decenza dell’ambiente di vita della gente (come evitare le continue emergenze rifiuti, e senza passare la palla ai Comuni senza soldi);
cosa avrebbe da proporre per risolvere i problemi del precariato, nato e cresciuto all’ombra del clientelismo di lungo corso;
quali precisi provvedimenti intende avanzare contro gli scandalosi sprechi, specie quelli annidati negli uffici regionali, e nelle società partecipate;
come vorrebbe tagliare drasticamente gli scandalosi emolumenti in vigore nell’amministrazione regionale;
quali proposte nutre circa lo sviluppo dell’economia siciliana attraverso intelligenti rapporti esteri, anche di tipo extraeuropeo.
Ad un candidato in grado di dare riscontro ai punti di cui sopra, si potrebbe anche dare il voto. Ma temiamo che tale candidato non esista e quindi a chi ci chiede il voto per amicizia potremmo ribattere che auspichiamo, anziché vedere insediarsi un nuovo-vecchio e allegro parlamento siciliano, la istituzione per la Sicilia di un governatorato europeo, guidato da un tedesco o un norvegese o un finlandese, un estraneo insomma a quel tipo di politica che già Pirandello definì una cloaca. Sarebbe la sua unica possibilità di salvezza.
Fonte: redazione palermomania.it
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