L’Istat ha scaraventato secchi di gelida acqua sui visi euforici e accalorati di tanti esponenti politici che, appunto, erano certi della ripresa e via discorrendo. Da tgcom24.mediaset.it: “Il Pil dell'Italia torna negativo nel primo trimestre del 2014, segnando un calo dello 0,1% rispetto al trimestre precedente che si era chiuso con una crescita dello 0,1%. Secondo i dati diffusi dall'Istat, su base annua il Prodotto interno lordo italiano è diminuito dello 0,5%. Sempre secondo i dati diffusi dall'Istat, la crescita acquisita del Pil per il 2014, ovvero quella che si avrebbe a fine anno se nei prossimi trimestri l'andamento del Prodotto interno lordo fosse pari a zero, è stimata a -0,2%. In valori assoluti il Pil italiano è arretrato di 14 anni. Il valore concatenato nel primo trimestre 2014 è di 340.591 miliardi di euro e, secondo le serie storiche dell'Istat, per trovare un dato inferiore, pari a 338.362 miliardi, bisogna risalire al primo trimestre del 2000, quando la tendenza dell'economia era però alla crescita. Il calo congiunturale del Pil nel primo trimestre dell'anno deriva da un incremento del valore aggiunto dell'agricoltura, da una variazione nulla del comparto dei servizi e da un andamento negativo nell'industria. Lo precisa l'Istat sottolineando che il settore industriale comprende anche costruzioni ed energia oltre alla produzione in senso stretto. Il primo trimestre del 2014 ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente e una giornata di lavoro in meno anche rispetto al primo trimestre del 2013. Considerano l'andamento degli ultimi periodi (-0,1% nel terzo trimestre 2013, +0,1% nel quarto trimestre 2013 ed ora -0,1% nei primi tre mesi del 2014), i tecnici dell'Istituto di statistica evidenziano una fase ‘sostanzialmente di stagnazione’ dell'economia italiana. Cresce ancora il numero dei fallimenti aziendali. Secondo i dati diffusi dal Cerved, tra gennaio e marzo sono stati 3.811, il 4,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2013. Si tratta di un nuovo record, anche se nei trimestri precedenti i default crescevano a doppia cifra e si registra un calo delle chiusure aziendali con forme diverse dal fallimento”.
Ecco, la diagnosi è chiara e provoca forti preoccupazioni nelle persone con i piedi per terra. Anche nell’Istat, dunque, ci sono gufi? Non credo. Credo, invece, che i presuntuosi, all’esterno, siano molto più numerosi. Non amo commentare argomenti di economia, non sono molto preparato. Tuttavia, essendo un gufo, lo sapevo, non avevo bisogno di dati e cifre. Lo sapevo e lo so perché i miei informatori sono coloro che si alzano all’alba per sopravvivere, che hanno cessato l’attività, che non vedono l’ora di andare in pensione, anche se misera. Insomma, tutti coloro che il clima euforico non lo scorgono per il semplice motivo che nulla autorizza alla speranza. Almeno per il momento. Tra le notizie diffuse dall’Istituto di Statistica emerge un piccolo dato positivo nel settore agricolo. Non discuto, la serietà dei tecnici non può essere messa in discussione. Di certo, però, la positività non riguarda la Sicilia. Qui le cose vanno male, malissimo. Tutti conoscono la tragica situazione degli imprenditori che devono lottare non solo contro fisco e burocrazia ma soprattutto contro la concorrenza di Paesi africani. I nostri prodotti non si vendono, punto. In ogni caso, non capisco la sorpresa di alcuni settori della politica. Che cosa è successo, infatti, negli ultimi mesi, per autorizzare speranze circa la reale ripresa dell’economia? Forse la riforma del Senato? Forse gli 80 euro? Ma veramente si credeva e si continua a credere che simili provvedimenti avrebbero fatto cessare la crisi? No, siamo del tutto fuori strada. Il Paese avrebbe bisogno di un nuovo miracolo economico, ritrovare la forza morale,e quindi produttiva, degli anni ’60. Certo, i tempi sono cambiati, tutto è cambiato. E tutto risulta più difficile. Tuttavia, il motivo della stagnazione si può identificare in una verità oggettiva: tra la classe politica di quel periodo e quella degli ultimi anni esiste la differenza tra il giorno e la notte. Tutto qui? Sì, tutto qui. Scandali, sprechi, inefficienze, lotte politiche intestine, avidità di potere, corruzione, criminalità e ottusità fiscale: tali elementi, che hanno castrato in modo costante le imprese non sono figli del nulla, ma della mediocrità di una classe dirigente che annaspa, non sa cosa fare, che s’illude e illude. Le vere riforme sono altre, ma nessuno ha il coraggio di proporle. Sia per incapacità sia per timore di contraccolpi elettorali. Ed ecco, ancora e soprattutto, la differenza tra mediocri e Statisti. E in mancanza di senso dello Stato siamo e saremo destinati a tonfi viepiù clamorosi. Tutto qui? Sì, tutto qui. Umiltà, signori, un po’ di umiltà.
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