Il tredicesimo anno del XXI secolo si sta avvicinando, Maya permettendo. E nulla di esaltante si prospetta all’orizzonte, in Italia e nel mondo. Il ‘900 è stato caratterizzato da giganti del pensiero e dell’azione. Grandi criminali, da Hitler a Stalin, e grandi statisti e pensatori, da Roosevelt a Churchill, da Gandhi a Martin Luther King a Nelson Mandela. È stato il campo di battaglia sul quale si sono confrontati campioni del male e campioni del Bene. Folle immense si sono esaltate ascoltando i loro discorsi, seguendoli in guerra e in pace. Quello attuale, invece, è il tempo della mediocrità. Burocrati, campioni di ovvietà e pochezza spirituale dominano in tutte le latitudini. Sono accomunati da una precisa caratteristica: mai un pensiero degno di tal nome, mai un buon esempio, mai un’esternazione in grado di fare riflettere, commuovere, indurre ad abbracciare un ideale. Lottano disperatamente solo e soltanto per il potere, non conoscono null’altro che non sia il potere politico ed economico. Ma la mediocrità, purtroppo, non riguarda solo il settore istituzionale, regna anche in quello culturale. Dalla Scienza alla Letteratura, dalla Musica alla Filosofia. Sì, certo, il Nobel è ancora in vigore, ma molti vincitori non riescono ad entusiasmare più di tanto e spesso lasciano, addirittura, fortemente perplessi. Non ho la presunzione di affermare che quanto fin qui esposto sia la verità, ma vivo intensamente questa netta sensazione. Se, infatti, voglio ascoltare brani veramente pregevoli devo ricorrere, e lo faccio con immenso piacere, a Puccini o risalire a Chopin, Tchaikovsky, Mozart, Wagner, Bellini. Se sento la necessità di riflettere ed essere edificato, ecco Henri Louis Bergson, Sergej Bulgacov, Jacques Maritain, Konrad Lorenz, Karl Popper, Theodor Jaspers. Se voglio leggere un libro che sia tale, ricorro a Hemingway, Pavese, Pirandello, Tomasi di Lampedusa. Perfino se voglio ridere devo fare appello a Totò, Stanlio e Ollio, Alberto Sordi.
Ma perché non si riesce, tranne fisiologiche eccezioni, ad andare al di là della mediocrità? Perché non esiste quasi più la meritocrazia. E non esiste quasi più perché non sono abituato, fin dall’infanzia, al sacrificio, perché proprio a scuola imparo che lo stesso non serve a raggiungere promozione o laurea, perché trovo un posto di lavoro a condizione di prostituirmi nei confronti di chi può farmelo ottenere. Ecco che un nuovo mediocre entra a fare parte del ciclo produttivo e del contesto sociale. E un mediocre non può che votare per altri mediocri, non riesce a fare diversamente, non può che apprezzare opere di altri mediocri. Molti sostengono che le vicende umane abbiano seguito sempre gli stessi binari. È parzialmente vero. Fino a non molto tempo fa, infatti, a tutto c’era un limite, una signorinella di facili costumi non sarebbe mai arrivata a ricoprire incarichi di grande responsabilità politica, e così un ladro o un intrallazzatore. Chi sbagliava, pagava, e duramente. Non esistevano teorie buoniste, scuse, comprensioni di facciata. Solo se si era in possesso di talento, qualità morali e tendenza allo studio e al duro lavoro si poteva ambire al successo. Nessun editore avrebbe pubblicato molti libri che adesso sono campioni d’incassi, nessun cretino sarebbe giunto alla presidenza di enti pubblici, nessun ineducato avrebbe avuto libertà di turpiloquio in televisione. Sì, la mediocrità domina il mondo, ma in Italia si raggiungono vette altissime, impensabili in altri Paesi. Qui più si ruba e più si ottengono consensi elettorali, più si scrivono sciocchezze e più si diventa miliardari, più si è immorali e meglio è, più si manifesta incapacità e più facilmente si giunge al timone di settori vitali per la Nazione. Certo, ripeto, esistono le eccezioni. E, infatti, solo alle eccezioni sono affidate le residue speranze di un nuovo e positivo periodo della nostra millenaria Storia.
Fonte: redazione palermomania.it
© Palermomania.it - Il portale di Palermo a 360°
Lascia un tuo commento
Questo articolo ha ricevuto
Approfondimenti
Opinioni a confronto
Articoli più letti