Si avvicina il Natale del 2014 e, come ogni anno, si attende il discorso augurale del Capo dello Stato e, come accade per i discorsi di rito, è necessario che si facciano, ma da essi non ci si può aspettare che venga particolare grazia o che molto cambi. In genere, si tratta di un ribadire delle buone idee, e il nostro Napolitano ha per lunghi anni dimostrato di averne, magari accompagnate da rimbrotti ed esortazioni. Però non c’è da sperare che qualcosa di nuovo succeda o che coloro cui vanno i rimbrotti si ravvedano, giacché si tratta di politici cui nulla particolarmente interessa oltre il mantenere la carriera: essi perciò, insieme ai soliti giornalisti di opinione, si affretteranno a commentare il discorso, a segnarne i punti più interessanti e a fare dichiarazioni con la riserva che quel che non va è sempre colpa degli altri.
Veramente quest’anno il discorso comporterà particolare emozione, giacché, a quanto pare, sarà l’ultimo che questo Presidente, che ha finora trattenuto alla bell’e meglio la barca del Paese sulle onde infide, potrà fare; e c’è infatti tutto un bieco fervore di pretese e trattative in corso per la sua successione; tuttavia non c’è da aspettarsi qualcosa di diverso dalla predica che Egli ha già fatto il 10 u.s. all’accademia del Lincei. Quel che dirà non potrà che avere solo qualche commossa aggiunta, sicché ci viene di avanzare alcune considerazioni. Ma, cosa ha detto Napolitano e cosa potrà dire? Tre spunti: l’antipolitica, la faziosità dei partiti, i giovani e il loro rapporto con la politica. L’antipolitica. E’ il caso una buona volta di precisare che troppe lagnanze contro la cosiddetta antipolitica, specie riferendosi a quella del massiccio astenersi dal votare, sono un po’ ingiuste e quantomeno fuorvianti, giacché dovrebbe essere chiaro che la gente non va a votare o si lascia andare a manifestazioni di sdegno non perché è contro la politica ma perché è contro questa politica, quale ha preso piede in Italia e non dà segni di smontare, né si vedono cenni che possa davvero smontare. Intanto, nella sbandierata necessità del risparmio per la crisi in atto, i politici e le migliaia di privilegiati loro connessi non si sono tolti neanche un euro; a parte l’evidente struttura paramafiosa che li ha parzialmente riguardati e della quale da sempre la gente ha avuto sospetti e sentore. Ma soprattutto quello che di più grave si registra è che la politica in atto è padrona di fare quelle leggi elettorali che tutelano i soliti clan, che si continuano a chiamare partiti politici. Si veda come si è rivelato difficile fare una legge elettorale, cioè dare fondamento alla democrazia, e si veda con quanto accanimento si propone di sostenere le percentuali a favore dei piccoli partiti, che nient’altro significano se non dei supporti clientelari a soggetti dalle idee logore e diversamente perdenti. E si veda ancora come si osa pure sostenere nelle liste i posti bloccati, perché il capoccia abbia i suoi schierani e i noti deputati di professione non rischino di restare fuori. Quando non accada che così, pure l’amichetta o l’amichetto insignificanti possono divenire deputati per sola generosità del capo. E qui nessuno fa notare che, se si ammettono deputati non provenienti dalla libera scelta del voto popolare, si accetta una democrazia dimezzata, che evidentemente non è vera democrazia. Perché allora lamentarsi che la gente snobba la politica se questa ha cura di sé ma non della gente?
E’ vero poi che ci sono dei furbi che cavalcano lo sdegno diffuso e incrementano dei movimenti che scompigliano la prassi partitica usurata e forse non promettono nulla di buono, ma è colpa loro se l’indignazione popolare trova un qualche sfogo contro l’assoluta sordità e l’atavica preclusione? Oltretutto perché non prendere sul serio proposte e recriminazioni che vengono dai movimenti. Si può non essere d’accordo, e non lo siamo mai stati, con la lega Nord, ma nulla vieta che siano approvabili molti rilievi che vengono da li: vedi, ad esempio, la questione degli immigrati, ove la pietà e l’accoglienza sono anche strumento di affarismo e di crimine. Ed altrettanto si può osservare che, per quanto si vogliano riprovare gli atteggiamenti e le parole di Grillo, si deve convenire che denunce e stimoli dei deputati cinque stelle sono per lo più pertinenti e meritevoli di attenzione. Difatti è troppo facile stigmatizzare ciò che infastidisce per volere tutelare la propria comoda usualità. E il nostro degnissimo presidente Napolitano proviene da un’età in cui i partiti facevano vera politica fondata sulla cultura di idee; ma oggi quell’età è definitivamente tramontata.
Ci sono ancora i partiti ma non hanno più idee da sostenere, detengono delle denominazioni che non indicano più nulla, sono solo luoghi di sostegno a personaggi che operano solo in proprio ed operano appoggiandosi a destra e a manca, badando solo a non cadere, a mostrarsi più furbi e loquaci che possono, per emergere il più possibile dalla mediocrità incombente. Questione appunto epocale.
Infatti oggi in politica si litiga soltanto perché non si ha niente da sostenere o da far valere. Ci sarebbe dunque la gente cui pensare, ma la politica non ha più reale cognizione di cosa sia la gente, non si rende conto neppure che essa è fatta di più da quel ceto medio che suole dare consistenza ad un paese e che invece oggi , partito democratico in testa, si tende in tutti i modi a svilire.
E si va cianciando su come creare posti di lavoro quando non ci si rende conto che il problema è la scomparsa del vero imprenditore che incrementa l’azienda a pro della crescita del proprio paese. Infatti del proprio paese non si ha più cura. L’epoca non produce più gli Olivetti, ma i rapaci profittatori dei benefici dello stato impoverito e i giocolieri della finanza.
E si va parlando di necessità che i giovani, abbandonino la protesta e tornino ad amare la politica, alimentando un falso mito dei giovani, quando si sa che i giovani sono disponibili alla politica se non per introduzioni familiari o amicali o se sono muniti soprattutto di quell’arrivismo non utile al ricambio ma destinato al perpetuarsi di un sistema che tutti deplorano e dal quale a parole ci si vorrebbe staccare.
Ci accostiamo ad un Natale difficile per cui sarà difficile qualsiasi discorso augurale, ma qualcosa di più su quel che non si dice ci piacerebbe sentirla, perché la consapevolezza comunque fa sempre bene ed apre alla speranza con meno imganno.
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