In uno dei miei ultimi articoli ho evitato di esprimere un concetto che mi sembrava troppo grave, mentre ora sento addirittura il dovere di scriverlo: cioè che gli Italiani sono un popolo di persone intelligenti ma politicamente immature. Non generalizzando, ma intendendo di essi la maggior parte, la quale appunto esercita i suoi diritti politici non in funzione progettuale, ma in modo che può definirsi umorale.
Così, e per questo, è accaduto che dalle recenti elezioni si è avuto un risultato inutile allo scopo, che era quello di avere un governo nuovo, più adatto alle contingenze, e si è caduti invece in una ulteriore situazione statica, di ingovernabilità.
Si dirà che la colpa è stata dell’attuale legge elettorale, che d’altronde non è stata cambiata perché i rappresentanti degli Italiani in Parlamento, nel discutere di essa, non si proponevano un obiettivo di correttezza ma solo come salvare i propri interessi. Però siccome si è pur dovuto votare, la verità è che si è ancora una volta dimostrato che la democrazia non è per tutti e andrebbe riservata solo a chi la sa vivere con consapevolezza storica e culturale, e con fede di servire il bene comune, con quel sentirsi parte di una nazione che occorre contribuire a tenere in piedi..
Nell’andare al voto infatti, quanti hanno riflettuto sull’obiettivo di quell’azione: avere una politica pulita e poco costosa, quali provvedimenti auspicare perché l’economia si risollevi, con quali argomenti volere stare in Europa e, di conseguenza, chi meglio poteva esser garante di tutto questo? Non credo siano stati in molti. Troppi infatti sono corsi ancora una volta dietro le sirene di una destra rinsaldatasi su personalismi già abbondantemente squalificati; altri hanno addirittura ceduto alle simpatie verso perbenisti di vecchio rito centrista o verso altri onesti d’ultimo grido e di poche chances. A sinistra poi si è mantenuta la solita tradizione di fedeltà all’apparato, connesso col criticismo litigioso; dappertutto insomma è stato un seguire il richiamo di una propria convenienza immediata o il legame ad un sistema nel suo fondo clientelare.
Se, ad esempio, ci si fosse persuasi che, dopo i rovinosi vent’anni di berlusconismo, tornava logico provare l’esperienza di una sinistra europea, oggi si avrebbe una maggioranza utile a formare un governo cui attribuire il bene o il male. Ma in Italia non si ragiona su prospettive possibili, tanto è vero che neppure si vuol più saperne di bipolarismo; e l’elettorato non segue idee e progetti ma gli uomini che ne agitano gli umori tornacontisti.
E’ pure vero d’altronde che a sinistra, per come abbiamo più volte osservato, ci si suole presentare come sia già scontato di avere senz’altro ragione su tutto, per cui da questa parte non si è avuta adeguata campagna elettorale; ma è anche vero che si è votato in circostanze di singolare disamore popolare verso la politica, per cui ogni parola ispirata da qualsiasi partito risultava insufficiente o falsa. Ed è stato per questo che si è avuto il successo di Grillo e della sua giovane e consistente truppa dell’antipolitica.
Ebbene, si è trattato di un successo che ha portato davvero novità e suscitato speranze, traumatizzando nel contempo il tradizionale sistema dei partiti. E diciamo pure che ci voleva, che può essere visto come un’evenienza provvidenziale, in quanto l’indignazione di tutti contro le angherie e la corruttela della politica ha trovato una voce forte e un consistente peso politico. Solo che ora anche questo rischia di rivelarsi una cosa tutta italiana, una specie di qualunquismo provvisorio, se non ci sarà capacità di passare dalla fase umorale ad una fase progettuale costruttiva, quella utile al funzionamento della democrazia. Sarebbe un peccato, un’occasione mancata per il paese, che vedrebbe finalmente buona parte del Parlamento occupato da facce giovani e libere dai trucchi del parlamentarismo.
Era chiaro che Grillo aveva un’idea di massima che era la distruzione dei partiti, visti i loro costi e la corruttela, ma siccome ogni idea guida di un movimento e persino di una religione non è mai realizzabile in toto, funziona piuttosto in senso di propulsione continua, è sempre molto se si realizza un’idea minima, cioè almeno la parte essenziale di quella. Nel nostro caso Grillo avrebbe già raggiunto il ridimensionamento non solo morale dei partiti, essendo già in grado di porli continuamente sotto freno. Dovrebbe rendersi conto che in questa fase storica pretendere di più significa tirare troppo la corda fino a spezzarla.
Infatti ci si domanda, ora che vuole Grillo? Vuole forse che si alleino, sia pure provvisoriamente, Berlusconi e Bersani in modo che così la vecchia politica si goda ancora un po’ i privilegi e abbia magari modo di attrezzarsi meglio per il prosieguo futuro? E i grillini solo a far rumore? O vuole forse abolire la democrazia parlamentare? Fosse possibile, lo si potrebbe anche capire, del resto non è detto che il sistema democratico sia il miglior sistema per governare. La storia lo smentisce, oltre che il primo teorico della politica, che fu Machiavelli. Ma questo è un altro discorso, qui fuori luogo.
Forse Grillo vuol tornare alle urne, sperando allora di stravincere? Saremmo al bluff di cui la posta è il destino d’Italia; ma il calcolo è di sicuro sbagliato, perché gli altri saprebbero come facilmente mettere in crisi il suo movimento, i cui seguaci non è detto che siano sempre disponibili a rischiare con l’imminenza dello sfascio del paese. In fondo sono italiani, cioè, come sopra detto, poco politici ma non certo stupidi, sanno che a scherzare col fuoco, prima o poi ci si brucia. A meno che il Grillo che li anima e li motiva, da uomo di teatro, voglia davvero fare a meno della saggezza.
Fonte: redazione palermomania.it
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