Le recenti elezioni hanno lasciato il Paese nel bel mezzo di un pasticcio dal quale non si è riusciti a uscirne fuori in nessun modo, che anzi, con l’intervenuta necessità di eleggere il nuovo presidente della Repubblica, si è ulteriormente aggravato.
Eletti Camera e Senato, non si è potuto fare un Governo qualsiasi, e questo perché le tre figure emerse dalle dette infauste elezioni, restavano ferme lì nelle loro visuali, come statue a rappresentare non le tre grazie ma le tre disgrazie del paese. E vediamo perché.
Berlusconi, coriaceo e inamovibile, si ripresentava nelle condizioni di potere più che mai disporre e dettare condizioni per tutti e con tutti i suoi subordinati, non avendo perso il gusto e i motivi di primeggiare. E’ stato vent’anni a divertirsi a fare il politico, salvando soprattutto la facciata e mandando alla malora l’avvenire del paese, con la gestione del suo potere di tipo aziendale, con continue sistemazioni del presente e contentando o acquisendo chi gli giovasse a mantenerlo. E così, dopo la vicenda Monti, osava ripresentarsi con la promessa di aggiustare le cose che invece si erano sfasciate proprio a causa sua.
Purtroppo Berlusconi rimane un’anomalia della vita politica italiana, destinata a dar fastidio nel senso che non consentirà mai l’evoluzione di essa. E questo non tanto perché è un inquisito permanente, ma perché le sue disponibilità economiche sono tali da creare squilibrio rispetto alle altre forze politiche. Difatti sarà difficile, a causa sua, fare una legge che abolisca i finanziamenti ai partiti, in quanto solo lui sarebbe dopo in condizione di finanziarli al massimo. Né con lui sarà mai possibile legiferare sul conflitto d’interessi, sicché non si vede come e a quale prezzo si potevano realizzare le larghe intese da troppi auspicate.
Bersani, delle tre figure, finiva per essere quella patetica. Non privo di buona volontà e di tenacia, ma non sostenuto da solida maggioranza, si dava da fare chiedendo appoggio a chi pensava che avesse voglia di condividere una svolta antidestra, cioè i grillini. Ma si è purtroppo imbattuto in un ancor più imprevedibile anomalia: dei nuovi politici, per giunta sprovveduti, venuti a sedersi in parlamento per impedire alla politica di funzionare.
Però il problema di Bersani stava soprattutto dentro il suo partito, e si è visto con quel che è accaduto tra ieri e stanotte. Un dramma suo e della democrazia.
Bersani voleva forse il nuovo e il cambiamento, ma non poteva fare a meno di servirsi del vecchio da cui lui proveniva, sicché il partito non poteva che risultare privo di coesione e quindi inidoneo a gestire la politica del paese. Purtroppo nel P.D. è venuta fuori la malattia italiana, quella di vivere falsamente la democrazia. In Italia non si dibatte e non si cercano convergenze e compromessi per determinati obiettivi occorrenti, ma solo per soddisfare i personalismi, gli interessi di parte, la tutela delle proprie poltrone. Tant’è che c’è compattezza di partito solo dove c’è un tipo Mussolini di turno, cioè un qualche Berlusconi.
E veniamo a questo Grillo. Dopo aver sbandierato in lungo e in largo per la penisola il cambiamento, raccolto l’enorme scontento della gente nel suo successo elettorale, negando la sostanza della politica, che è il saper compromettere a tempo e non pretendere il tutto, ha in definitiva creato le premesse perché il vecchio torni a trionfare. Mai che si potesse pensare un’idiozia simile. E’ stata un’occasione perduta.
Comunque la calata dei grillini nell’agone politico italiano, benché complichi il pasticcio, va pure notato che uno scombussolamento lo ha creato, tale perlomeno da suggerire dei provvedimenti di sostegno alla politica futura, come accadde quando si ricorse a rinforzi dopo la calata dei Lanzichenecchi. Si dice infatti che non ogni male viene per nuocere. Chi sa che la politica non ritrovi finalmente se stessa, lontano dai giuochi obliqui, magari sotto il volto pulito di un Rodotà.
Fonte: redazione palermomania.it
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