Il Centrodestra torna a vincere in Sicilia con Nello Musumeci. Ma il vero vincitore di queste elezioni regionali è ancora una volta l’astensionismo. Solo il 46,76% degli elettori ha votato per l'elezione del presidente della Regione e dell'Assemblea, mentre il 53,23% ha disertato le urne. Rispetto al 2012, quando aveva votato il 47,41%, il dato dell'affluenza è in calo dello 0,65%.
Una vittoria a metà dunque per Nello Musumeci, che però conquista anche la maggioranza all’Ars con 36 seggi su 70. Finisce così con 14 seggi per Forza Italia (12 con la quota proporzionale, due con il listino), sei ciascuno per #DiventeràBellissima (Musumeci, Giusy Savarino con il listino e quattro con il proporzionale), Popolari e autonomisti (cinque con il proporzionale e Giovanni Di Mauro con il listino) e Udc (cinque con il proporzionale e Mimmo Turano con il listino) e 4 per Lega-Noi con Salvini (tre col proporzionale ed Elvira Amata col listino). All'opposizione M5S con 20 seggi (incluso Giancarlo Cancelleri, migliore sconfitto), Pd con 11, Sicilia futura 2 e Claudio Fava 1 (se stesso).
Vittoria a metà anche per il Movimento 5 stelle con Giancarlo Cancelleri che ottiene ben il 34,8% dei voti. Dati non trascurabili se si considera che il Movimento si è presentato con una sola lista, a differenza del Centrodestra che ha conquistato il suo 39,8% grazie all’unione di più liste (alcuni parlano di accozzaglia più che di coalizioni).
Pesante sconfitta invece per il Pd e per Fabrizio Micari che ottiene a malapena il 18,7%. Il rettore dell’Università di Palermo ha pagato cara l’eredità lasciata dal governatore uscente Rosario Crocetta, complice anche un centro-sinistra presentatosi diviso. “Domenica abbiamo perso, cinque anni fa abbiamo vinto perché la destra era divisa. Stavolta ci siamo divisi noi – ha dichiarato Davide Faraone -. L’unità è un valore e chi la rompe paga in termini di consensi. I veti non hanno portato più voti alla sinistra massimalista, hanno solo spianato la strada alla vittoria della destra”. Ma aggiunge: “Il Partito Democratico ha preso più voti delle regionali scorse, ma voglio parlare della nostra coalizione. Alle politiche del 2013 ha preso il 29,4% in Italia con Bersani e il 21,4% in Sicilia. Non so quanto faremo in Italia nei prossimi mesi, ma in Sicilia siamo già cresciuti e siamo al 25,4%, quattro punti in più”, ha commentato.
"Come in tutta Europa, la sinistra non ha più risposte da offrire ai problemi della società", ha commentato Silvio Berlusconi all’indomani della vittoria in Sicilia. "E’ questo il grande dato politico di queste elezioni, che poi si riflette su quelle nazionali: in Sicilia come in Italia il confronto è fra noi e i Cinque Stelle". "Il fallimento dell’esperienza di governo regionale e nazionale del Pd, e le divisioni della sinistra, non lo rendono un competitore credibile dell’ondata ribellista, pauperista e giustizialista rappresentata dal Movimento Cinque Stelle" sottolinea l'ex premier. "Aspetto determinante per la vittoria è stata la capacità delle forze politiche della coalizione di lavorare insieme per un obiettivo comune e un programma condiviso, mettendo da parte i particolarismi e gli egoismi di partito, in nome di un progetto comune e di valori condivisi. Ha vinto l'unità del centrodestra".
È naturale chiedersi cosa sarebbe successo se alle urne si fossero recati tutti gli elettori. L’astensionismo è sicuramente sintomo di una Sicilia che non crede più nelle sue istituzioni, che non ha più fiducia nei suoi rappresentanti politici. Molti che hanno deciso di votare si sono affidati a un partito nuovo, il M5s, forse speranzosi di una nuova ondata di cambiamento. Altri, invece, hanno riposto fiducia ancora nel Centrodestra e nel suo leader che, più volte indagato e condannato, non sconta le sue pene in carcere ma va in giro ad elargire promesse. Il popolo sceglie sempre Barabba? Chi lo sa. Dal canto suo Musumeci ha una grande responsabilità e da subito si è presentato come “il presidente di tutti i siciliani, di coloro i quali hanno ritenuto di sostenermi e di votarmi e anche di coloro i quali, legittimamente, hanno ritenuto di votare per altri o addirittura di non partecipare al voto. Voglio dedicare questa vittoria ai miei tre figli e a tutti i figli dei siciliani. Hanno diritto a un futuro migliore". E il suo pensiero va anche e soprattutto a chi non si è recato alle urne: “Il mio primo compito da presidente della Regione sarà quello di recuperare oltre il 50% di siciliani che ha deciso di non votare".
Alla domanda come sta la Sicilia risponde “La Sicilia sta malissimo e io so di poterla aiutare, dopo tutto mi sono candidato per questo motivo. Sarà una sfida difficile con una strada tutta in salita”. Disoccupazione alle stelle, fuga di giovani laureati e poi chiaramente i debiti: sono alcuni dei grandi problemi che affliggono l’Isola. 8 miliardi sono i debiti generosamente lasciati da Crocetta: più di 5 miliardi sono mutui, 34 milioni solo gli interessi pagati nel 2016 su alcuni contratti “derivati” accesi a suo tempo da Totò Cuffaro. In termini percentuali, è il 41,4 in più rispetto a cinque anni fa. Insomma, il governo Crocetta ha pesantemente peggiorato le condizioni dell’Isola, che già, del resto, scontava il peso di altre scelte assai discutibili compiute nel passato, ovvero i cosiddetti contratti “derivati” accesi dalla Regione nel 2005, quando a governare era Totò Cuffaro. Un rosso al quale non hanno giovato neanche i fondi europei. In Sicilia, rileva la Corte dei Conti, non ha avuto “quell’effetto propulsivo e moltiplicativo, tipico degli investimenti pubblici, ma soltanto un effetto sostitutivo e “tampone” rispetto alle conseguenze della crisi”. La solita occasione sprecata, dal momento che un’efficiente gestione dei fondi europei rappresenterebbe “l’unica vera risorsa per colmare il grave gap esistente tra la Sicilia e le altre regioni italiane e con gli altri paesi europei”.
Dunque alla luce di quanto visto in queste elezioni, il vero partito vincitore è quello del “non voto”. I siciliani che hanno deciso di astenersi lo hanno fatto con la consapevolezza che nessuno dei candidati e dei loro partiti poteva veramente rappresentarli. Non il centro-sinistra, che non sembra più in grado o interessato a promuovere riforme per le classi sociali medio-basse del Paese; non il Movimento 5 Stelle che sebbene si presenti come promotore di iniziative a favore del popolo, poi a conti fatti non sembra in grado di governare (si vedano i fallimenti di Virginia Raggi a Roma e di Chiara Appendino a Torino). Insomma per i siciliani chiamati alle urne si sono configurati due scenari: non votare, dal momento che nessuno sembrava in grado di rispecchiare veramente i propri valori e soprattutto le propri speranze, o votare “il meno peggio”, colui che a conti fatti appariva come la migliore alternativa in una serie di opzioni poco appetibili.
Rimane comunque il fatto che quel 53,23% di elettori che ha deciso di astenersi, adesso ha meno di diritto di lamentarsi, perché il voto è un dovere e un diritto ma anche l’unico modo per i cittadini di esprimersi e far valere le proprie opinioni. Il voto di ogni cittadino può fare la differenza. E anche questa volta l’ha fatta.
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