Si moltiplicano da più parti gli inviti a non disertare la imminente consultazione elettorale per l’Europa, evidentemente perché è assai diffusa la sensazione che saranno molti gli italiani che considereranno dette elezioni tempo perso. E purtroppo, nella prospettiva di quel che si aspetta per i prossimi anni dalla cosiddetta unione europea, non hanno tutti i torti. Quel che infatti si richiede da parte nostra ad un’Europa futura non è cosa facile, anzi non è cosa che attualmente si ritiene praticabile. Si richiedono passi avanti nel progetto dell’unificazione, cioè che si voglia arrivare ad una confederazione di stati autonomi con poteri limitati o addirittura ad un superstato che trasformi l’assetto attuale dell’Europa con un nuovo processo autonomistico tutto da inventare. Il che non è pensabile che sia accettato da Germania e Francia e tanto meno dall’Inghilterra, che è avvezza a usare l’Europa per quel che le conviene e a ripudiarla persino sul piano monetario.
Eppure per il futuro dei popoli nell’ineludibile fermento della storia, che l’Europa debba andare verso la sua unità sembra inevitabile e sembra anche ipotesi conveniente. Solo che la concretezza del problema ancora non la si vede e non è nemmeno posta in discussione, proprio con l’occasione della consultazione cui ci stiamo accostando. Di tutto infatti si parla nei comizi elettorali fuorché dell’Europa da realizzare che, sotto sotto, pare che nessuno voglia o nessuno capisce quel che abbisogna. Per cui è inevitabile che, dopo questa consultazione elettorale, tutto sia destinato a protrarsi per com’è, con la Germania che se la gode con questo andazzo dell’euro e gli altri paesi ad arrancare; con qualche possibile aggiustamento in materia finanziaria, qualche altra novità circa le faccende bancarie; nulla che possa incidere su una svolta economica e culturale di progresso o sulle attese del mondo del lavoro. In pratica sono votazioni che cambieranno magari dei nomi, produrranno altre dichiarazioni e promesse, ma sostanzialmente inutili.
E poiché sono ormai più di settanta anni che ha preso l’avvio l’idea di una Comunità europea, ci si chiede quanto ancora si deve stare nel limbo di un’aspettativa di una nuova Europa che significhi qualcosa politicamente duratura e valida per il bene della sua gente e non sia soltanto un’idea che mantenga costose burocrazie a Bruxelles e a Strasburgo. E a questo domandarsi consegue il dubbio che continuare a fare elezioni, perché la sostanza resti sempre la stessa, non sia più una cosa seria.
Detto questo recriminando, a sua volta di propositivo ci sarebbe che un nuovo Parlamento europeo sia eletto per delle funzioni intese a proporre finalmente una benedetta Costituzione europea, dal quale cioè provengano una serie di dispositivi funzionali al processo unitario, soprattutto in temi di politica estera e di difesa, nonché di diritti primari del cittadino. Ma evidentemente per questo occorrerebbero prima delle proposte argomentate in qualche commissione appositamente costituita e soprattutto occorrerebbe pensare ad un Congresso dei plenipotenziari dei vari paesi membri, perché l’idea dell’Europa unita si voglia rifondare e sia presa sul serio. E’ chiaro, come sopradetto, che si tratta di materia indigesta, e dietro la retorica dell’unità europea si preferisce continuare a parlare di piccoli passi verso una unità che invece per davvero non si vuole, e non la si vuole soprattutto da parte di chi nell’Europa del nord sarebbe costretto a qualche onerosa solidarietà. Ma allora si dica la verità alla gente o perlomeno di questo tipo di problematica ci si provi a discutere.
Invece, che cosa abbiamo visto e sentito in queste settimane di campagna elettorale? Addirittura la richiesta di consenso elettorale in nome di motivazioni antieuropee. Quindi le solite distribuzioni di fac-simile, accompagnate da ridicole presenze di candidati carichi di promesse di un’Europa improbabile, della crescita, del lavoro, dei diritti dei gay ed altre ovvie insignificanze; e poi un imperversare disgustoso di chiacchere e di propositi di cambiamenti e di rivoluzioni del niente da parte di esponenti dei partiti, per i quali le elezioni europee sono solo strumento di affermazione o di salvaguardia del loro potere in patria. Altro che Europa! E fa un brutto effetto constatare che, per questa campagna elettorale, da parte degli esponenti delle maggiori forze politiche in campo si è giunti a rovesciarsi addosso reciprocamente improperi e volgarità. E si è visto pure il nostro presidente del Consiglio darsi da fare a destra e a manca, sbracciandosi in ogni guisa e distribuendo sorrisi, in continue comparse all’insegna del più becero populismo, e sgolarsi demagogicamente nelle piazze, in cerca di un’affermazione elettorale che evidentemente gli occorre non tanto per l’Europa quanto per coprire il nulla di fatto, e di fattibile, che registra finora il suo verboso governo. Questo però sarebbe un altro discorso, e neppure questo d’altronde molto serio.
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