Tra i paradossi della nostra epoca va senz’altro registrata la convivenza tra la morte apparente del mito e la sua strepitosa vitalità sostanziale. Morte apparente: chi crede ormai più ai miti greci o ai miti biblici? La stragrande maggioranza della gente, anzi, non si pone neppure la questione se credervi o meno perché intere generazioni recenti neppure li conoscono. Eppure, giovani e meno giovani, fondano le scelte della vita - le grandi come le minuscole – su una serie nutrita di miti: sulle vicende dei “divi” di Hollywood, sull’emulazione dei campioni di calcio o di baseball, sulla fede nella crescita economica indefinita…per non parlare delle mitologie politiche (con al centro non più ideologie, più o meno felici, ma singoli leader che incarnano plasticamente l’ideale dell’uomo forte o, in altri contesti, del self-made man).
L’antidoto alla passiva ricezione dei miti, da parte dell’immaginario collettivo, non può che essere – come in altri campi – l’istruzione: conoscere per scegliere con libertà. Ma la mitologia è un campo sterminato, vasto quante le culture del passato e del presente diffuse sul pianeta: da dove iniziare l’esplorazione? Vincenzo Guzzo, che della tematica è noto e appassionato cultore, ha offerto di recente una bussola adatta a chi voglia cominciare a orientarsi senza scoraggiarsi: In principio fu il mito (Tipheret, Acireale- Roma 2013, pp. 121, euro 12,00) costituisce, infatti, una chiave propedeutica che – evocando molte impegnative letture – attrezza per altrettante, e altrettanto impegnative, letture.
Il mito, infatti, secondo il suggerimento di Joseph Campbell, va considerato nella pluralità delle sue funzioni: “mistica” (ricerca dell’unione con l’Assoluto), “cosmologica” (apertura all’enigma dell’universo), “sociologica” (collante dei gruppi umani), “pedagogica” o “iniziatica” (regola etico-esistenziale). Solo chi non sia prigioniero di un’ottica specialistica ma sappia attraversare le discipline con disinvoltura può dunque provare a dare una rappresentazione, sommaria ma fedele, del mito. E’ proprio ciò di cui dà prova Guzzo, passando senza pudori accademici dall’antropologia alla letteratura, dalla teologia alla psicanalisi, dalla storia alla filosofia…
Nella scorribanda da vero ‘dilettante’ (quanto rari quelli che studiano davvero per ‘diletto’ e non per carriera!) lo guida un criterio lucido (che, per quel pochissimo che può valere, mi sento di sottoscrivere): mythos e logos non possono che convivere nella stessa struttura psicologica perché il logos, privo della capacità immaginale e della facoltà di intendere e comunicare simbolicamente, non può validamemte procedere lungo il suo stesso percorso privilegiato e cioè quello della ragione. D’altra parte, il pensiero mitico senza il logos, può offrire il fianco alle infinite insidie dell’esistenza perché non dispone della capacità ordinatoria che può consentire alla coscienza di vincere il panico e di gestire il quotidiano venendo fuori dall’indistinto che è proprio della pre-esistente dimensione del chàos”.
Dopo la trattazione per così dire istituzionale, l’autore offre quattro contributi a carattere monografico: uno sul mito e il tempio, uno sul mito e il conflitto, uno su mito e psicologia del profondo e un quarto – infine – sui “Misteri orfici”. Riprendere queste quattro tematiche e restituirle in poche righe sarebbe arduo e, soprattutto, toglierebbe al lettore curioso il piacere di scoprire personalmente quante valenze semantiche siano incorporate in racconti che abbiamo distrattamente udito da bambini e che potrebbero aiutarci, da adulti, a intravvedere qualche barlume di senso nella nostra breve avventura mortale.
© Palermomania.it - Il portale di Palermo a 360°
Lascia un tuo commento
Questo articolo ha ricevuto
Approfondimenti
Opinioni a confronto
Articoli più letti