L’Italia non è pronta alla quarantena Ebola. A confermarlo, la decisione presa dal ministro Lorenzin al margine della Question time sull’epidemia: “Un eventuale caso di contagio da Ebola di un militare americano rientrato dall’Africa, non verrà affrontato a Vicenza. – ha sottolineato il ministro – La base è extraterritoriale e il transito è dalla base direttamente negli Usa”.
Fine alla bufera mediatica: i militari americani in rientro dalla Liberia, qualora si dovessero ammalare di Ebola non saranno curati all’ospedale San Bortolo di Vicenza, ma verranno caricati su un aereo e partiranno direttamente per gli Usa. Più o meno tutti sospettavano, visti i precedenti, che gli americani avrebbero scelto questa procedura, anche se avevano chiesto una collaborazione all’ospedale vicentino. Ma il “non detto” aveva alimentato la fugace convinzione che il percorso sarebbe stato invece diverso.
Un motivo in più per tirare un sospiro di sollievo, in fondo, era infatti uno dei temi che in questi giorni contribuivano ad alimentare le paure degli italiani. Tanto che il governatore Luca Zaia, dopo due giorni di dichiarazioni sulla necessità o meno di fare l’isolamento a Vicenza, ieri ha impugnato carta e penna e ha inviato una richiesta al premier Matteo Renzi: “Ho scritto al presidente del Consiglio e all’ambasciatore americano in Italia per sapere quali misure s’intendono prendere per evitare la quarantena dei militari statunitensi a Vicenza – spiega Zaia – Confermo la mia vicinanza ed amicizia agli Usa, ma questo non prescinde dal dire no quando si pensa che una cosa sia sbagliata. Tra amici lo si fa. E penso sia sbagliato far fare la quarantena in Veneto a chi è stato in Liberia”.
Il periodo di isolamento dei soldati Usa terminerà il 21 novembre, successivamente, come ha garantito il ministro Lorenzin, i militari verranno rimpatriati in America.
Nessuno sgarbo, ma, dinanzi all’emergenza, l’Italia preferisce deferire competenza a chi già ha avuto a che fare con l’epidemia. E la scelta, sembra davvero saggia.
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