La scabbia o acariasi è una malattia parassitaria presente in tutto il mondo: si registrano circa 300 milioni di nuovi casi ogni anno. Colpisce tutti i gruppi etnici, entrambi i sessi e qualsiasi età.
Già ben conosciuta dagli antichi Egizi, fu descritta per la prima volta da Ippocrate ed Aristotele. È causata dall’acaro Sarcoptes scabiei varietà hominis, la cui femmina gravida penetra e colonizza la pelle umana per deporre le uova e completare il ciclo vitale. Nei secoli le guerre, le migrazioni di popolazioni, le situazioni di povertà e di scarsa igiene, le carestie, la promiscuità, il sovraffollamento hanno favorito la comparsa di vere e proprie epidemie. Il contagio avviene per contatto diretto e prolungato con un soggetto infestato, ed infatti la scabbia rientra nel gruppo delle malattie sessualmente trasmesse. Oltre agli stretti rapporti personali, la malattia si può diffondere indirettamente attraverso vestiti od effetti letterecci utilizzati nelle ore precedenti da un individuo affetto. L’acaro responsabile della scabbia, infatti, può sopravvivere anche lontano dalla cute per un periodo che può andare da 1-2 ore a 3 giorni (eccezionalmente fino a quattordici giorni alla temperatura ottimale di 25°C). Si tratta, dunque, di una malattia contagiosa ma facilmente trattabile, basta porre corretta diagnosi.
Palermomania.it ha approfondito l’argomento con un esperto, la dott.ssa Valentina Caputo, specialista in Dermatologia e Venereologia, ricercatore confermato, professore aggregato presso l’Università degli Studi di Palermo.
Come agisce il parassita?
“Il Sarcoptes Scabiei var. hominis è un parassita obbligato, ospite-specifico, non ematofago, che attua l’intero ciclo biologico nella cute dell’uomo. E’ un aracnide biancastro, emisferico, di 0,2 mm. (maschi) e 0,4 mm. (femmine) di lunghezza e pertanto non visibile a occhio nudo, dotato di quattro paia di arti. La femmina fecondata si ancora alla superficie cutanea con piccole ventose degli arti anteriori, puntellandosi sulle setole degli arti posteriori si solleva verticalmente, scompare sotto il corneo, scavando una galleria (cunicolo) parallelamente alla superficie della nostra pelle e depositando 2-3 uova al giorno fino ad un totale di 10-25 uova; quindi muore nel fondo della galleria stessa a livello dello strato malpighiano dell’epidermide in una cavità cistica (vescicola perlacea o terminale).
Dopo 14-17 giorni dall’apertura delle uova le larve diventano mature, subendo tre mute mentre risalgono le gallerie verso il corneo ove dentro sacche superficiali avviene l’accoppiamento; questo conduce a morte gli acari adulti maschi mentre le femmine cominciano ad adoperarsi per garantire il mantenimento della specie. Gli acari prediligono i distretti corporei dove lo strato più superficiale dell’epidermide, è sottile e dove non vi è densità di follicoli pilosebacei. Quindi le sedi elettive in cui il Sarcoptes femmina svolge le sue attività sono: gli spazi interdigitali delle mani e dei piedi, i polsi e le caviglie, i gomiti e i cavi poplitei, i genitali, i cavi ascellari, la regione ombelicale, la regione del capezzolo, il collo, il dorso, le regioni palmo-plantari nei bambini”.
Quali sono i sintomi?
“Il prurito, sintomo più importante da ricondurre al processo di sensibilizzazione all’acaro e ai suoi prodotti, presenta tre caratteristiche: è prevalentemente notturno; è diffuso a tutta la superficie cutanea, nonostante siano presenti soltanto alcune decine di parassiti accantonati nelle sedi elettive; è resistente ad ogni trattamento sintomatico a base di antistaminici e cortisonici utilizzati sia topicamente che per via sistemica. Il soggetto affetto da scabbia non riesce a riposare durante le ore notturne dal momento che il tepore del letto favorisce l’attività e la mobilità dell’acaro femmina. Secondo lo studioso Munro una notte basterebbe per scavare tre mm. di cunicolo ed è come se, considerando le dovute proporzioni, un uomo scavasse nello stesso tempo una galleria di dieci-dodici metri. È importante sottolineare come dall’insediamento dei Sarcoptes alla comparsa del prurito esiste un cospicuo intervallo di tempo di circa un mese fonte, purtroppo, di diffusione inconsapevole. Questo intervallo, libero da sintomatologia pruriginosa, manca però in caso di reinfestazione a breve termine”.
Quale fattore ha un ruolo determinante nella trasmissione della scabbia?
“È il “parasite rate” ovvero il numero di acari presenti sulla cute del soggetto infettante: il contatto diretto è tanto più importante quanto minore è il numero degli acari; se i parassiti sono numerosi diviene facile anche il contagio per via mediata attraverso gli effetti letterecci e i vestiti. Esiste una forma rara di scabbia altamente contagiosa: la scabbia norvegese, descritta nel 1848 da Danielsen, dermatologo di Oslo, in soggetti affetti da lepra. Tale forma colpisce soggetti debilitati, defedati, neuropatici, immunodepressi con deficit dell’immunità cellulo-mediata; in questi pazienti il prurito è scarso o assente e ciò permette ai Sarcoptes di proliferare indisturbati nell’epidermide raggiungendo il numero di due milioni circa. In questi casi basta davvero per il contagio una semplice stretta di mano e se il paziente è ricoverato tutti i medici e paramedici del reparto devono a scopo profilattico eseguire il trattamento adeguato”.
Una diagnosi precisa di scabbia non è semplice, poiché esistono diverse patologie cutanee che sono molto simili a questa parassitosi sia dal punto di vista clinico che sintomatologico. Come si fa ad individuare la malattia?
“La diagnosi di scabbia non è sempre facile. Le lesioni cutanee patognomoniche della parassitosi sono i cunicoli ovvero dei rilievi lineari lunghi 5-15 mm e le vescicole perlacee che si trovano all’estremità terminale dei cunicoli o indipendentemente da questi ove si annida la femmina adulta. Talvolta queste lesioni tipiche, che ci permettono di fare diagnosi, non si individuano nelle sedi elettive ed inoltre il quadro clinico cutaneo è dominato da lesioni secondarie diffuse all’addome, alle cosce, alle regioni glutee, alle zone della cintura: elementi papulo-urticati, escoriazioni lineari da grattamento, croste ematiche puntiformi, noduli, lesioni eczematose.
Nei bambini è frequente una sovra-infezione batterica rappresentata da pustole, vescicole, bolle. Tutte queste sono manifestazioni cutanee che entrano in diagnosi differenziale con la dermatite atopica, gli eczemi da contatto, la prurigo, la neurodermite, l’eruzioni da farmaci, la dermatite erpetiforme, l’impetigine. La scabbia da Sarcoptes scabiei var.hominis deve essere distinta poi dalle scabbie animali o pseudo-scabbie, in cui gli acari trasmessi dall’animale all’uomo non scavano cunicoli nella cute, ma, dopo aver morso, la abbandonano causando piccole lesioni eritemato-pomfoidi o eritemato-papulose che regrediscono spontaneamente in 1-2 settimane se il contatto con gli animali si interrompe. Per la diagnosi di scabbia oltre ad un attento esame obiettivo è importante un’accurata anamnesi: spesso altri membri della famiglia, o delle comunità in cui soggiorna o lavora il paziente, presentano la stessa sintomatologia pruriginosa notturna, diffusa, intensa, resistente. Davvero difficile è la diagnosi di scabbia delle persone pulite ove le manifestazioni cliniche cutanee sono minime mentre la sintomatologia pruriginosa persiste. Docce e bagni riducono la popolazione di acari ma non la sconfiggono. In questi casi la diagnosi può sfuggire in conseguenza di un falso rispetto per lo stato sociale del paziente: il sospetto di scabbia non dovrebbe mai porre in imbarazzo il medico e nel dubbio, come dicevano i vecchi maestri: “È sempre meglio un trattamento in più che rischiare di non curare un caso di scabbia”. Ultimamente un valido complemento diagnostico è rappresentato dalla dermatoscopia, tecnica semplice, rapida, non invasiva. La ricerca degli acari su materiale corneo prelevato per raschiamento è, al bisogno, una pratica utile da non trascurare”.
Qual è la terapia attualmente in uso per eliminare i parassiti della scabbia?
“Efficace e molto utilizzato è il benzoato di benzile in emulsione acquosa al 10-20-30%, in relazione all’età del soggetto, da applicare per tre sere consecutive su tutto il mantello cutaneo (risparmiando il volto e la testa); utile la permetrina al 5% in crema in monoapplicazione. Dopo il trattamento si procederà all’isolamento degli effetti letterecci, dei vestiti, del materasso per venti giorni. E’obbligatorio estendere il trattamento a tutti i componenti della famiglia e a tutti i soggetti con i quali lo ‘scabbioso’ ha avuto stretti contatti personali o con i quali ha condiviso letti, divani, poltrone con imbottiture, vestiti, anche se in quel momento tali soggetti non sono sintomatici, non riferiscono prurito e non presentano lesioni cutanee: potrebbero trovarsi nel periodo di intervallo silente dopo il contatto, ma essere già ampiamente infestati”.
È necessario effettuare una disinfestazione degli ambienti e degli indumenti?
“Non occorre una disinfestazione degli ambienti dove ha soggiornato un paziente affetto da scabbia, a meno che ci si trovi dinanzi ad una caso di scabbia norvegese. Fondamentale è il trattamento del paziente e l’isolamento del materasso, delle lenzuola, dei cuscini, delle coperte e dei vestiti utilizzati dal soggetto e dai suoi familiari. Tutto quello che viene isolato potrà essere riutilizzato dopo venti giorni. Inoltre è importante il dialogo con il paziente volto a spiegare le modalità di trasmissione e comprendere la fonte di contagio. È obbligatorio chiedere all’interessato se nell’ultimo mese sia stato ricoverato presso strutture ospedaliere pubbliche o private ed obbligatoria per il medico è la denuncia all’ufficio di igiene pubblica che dopo la segnalazione provvederà a contattare il paziente per i controlli terapeutici ed epidemiologici. Il problema del trattamento, semplice nell’esecuzione, è legato al fatto che i farmaci utilizzati non sono prescrivibili su ricettario del SSN. E quindi famiglie numerose e non facoltose, così come soggetti migranti e in condizioni sociali precarie, spesso non possono permettersi di comprare i presidi terapeutici adatti, né tanto meno riescono a seguire le regole di prevenzione alla diffusione della parassitosi”.
È vero che il paziente affetto da scabbia viene allontanato dai luoghi pubblici, scuola, uffici o mezzi di trasporto?
“Se il paziente al quale viene posta diagnosi di scabbia è ricoverato deve essere isolato, trattato ed inoltre alla sua dimissione si dovrà procedere all’isolamento del materasso e degli effetti letterecci per venti giorni. Se il paziente affetto da scabbia vive in ambiente domestico, dovrà evitare scuola e lavoro per tutta la durata del trattamento. Un elevato numero di persone affette da scabbia accedono per visita agli ambulatori specialistici ed i casi di contagio tra gli operatori sanitari sono eccezionali. La scabbia, escludendo la forma rara norvegese, si trasmette attraverso stretti rapporti personali”.
La diffusione della malattia potrebbe essere correlata all’aumentare dell’immigrazione. Che ne pensa?
“Dal punto di vista epidemiologico la scabbia nei secoli ha presentato sempre delle fluttuazioni cicliche con periodi di quasi scomparsa della parassitosi che si sono alternati a periodi di vere e proprie epidemie. Sicuramente le condizioni socio-economiche e culturali, i grandi spostamenti di massa, la promiscuità, il sovraffollamento hanno sempre favorito la diffusione di tale parassitosi considerando che, anche nei periodi di regressione, esisterebbero soggetti portatori sani serbatoi del parassita. Negli ultimi anni l’immigrazione ha aumentato il numero dei casi nel nostro paese ma questo non giustifica la convinzione assoluta che tutti i soggetti che arrivano alle nostre coste dai paesi africani ed asiatici debbano necessariamente essere affetti da scabbia. Spesso le lesioni cutanee che presentano, talora pruriginose, sono da collegarsi ad altre patologie non contagiose e non pericolose per la collettività”.
La prevenzione è fondamentale per limitare la diffusione della malattia?
“Per limitare la diffusione della scabbia sono importanti una diagnosi precoce e una corretta terapia, come già detto, da estendere ai familiari e alle persone venute a contatto con il malato anche se non hanno prurito. E’ una regola per tutti stare attenti ai luoghi che si frequentano, tenendo presente che la malattia parassitaria ha maggiore incidenza nei Paesi poveri e nelle comunità (collegi, caserme, carceri, ospedali, ospizi) ove i livelli di attenzione devono rimanere sempre elevati”.
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